Consiste nella registrazione di un elettrocardiogramma, per un tem-
po molto lungo (24-48 ore), utilizzando uno speciale registratore che
il paziente porta con sé.
È possibile così analizzare l’eventuale presenza di aritmie o di ischemia mio-
cardica, anche in assenza di disturbi da parte del paziente. Durante la registra-
zione non si potrà fare il bagno o la doccia, mentre sarà possibile muover-
si, camminare, e fare sport. Su un diario si annoteranno gli orari in cui ven-
gono svolte queste attività e l’eventuale comparsa di disturbi.
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venerdì 7 gennaio 2011
Ecocardiogramma
Non è invasivo (tranne nel caso del transesofageo) né utilizza raggi,
ma ultrasuoni (onde sonore innocue) che vengono emessi da una
sonda appoggiata sul torace del paziente (ECOCARDIOGRAMMA
TRANSTORACICO) e che rimbalzando sulle pareti del cuore ne
proiettano l’immagine su uno schermo.
È possibile quindi “vedere” il cuore in movimento, analizzando il fun-
zionamento del muscolo cardiaco, delle valvole e delle altre strutture.
È possibile quantificare il danno subito dal cuore dopo un infarto, la
gravità di una stenosi od un’insufficienza valvolare, ecc... L’esame du-
ra 20 minuti circa, è privo di rischi e non provoca dolore.
Talora viene eseguito durante il test da sforzo o mentre il cuore è sti-
molato con alcune sostanze (dipiridamolo o dobutamina) sommini-
strate per via endovenosa (ECOSTRESS). In questi casi è possibile
che il paziente accusi, durante l’esame, una palpitazione, una sensa-
zione di calore o un’oppressione al petto.
In casi particolari, se il medico ritiene che l’esame sia indispensabile,
è possibile eseguire l’ecocardiogramma attraverso una sonda intro-
dotta nell’esofago, come nel caso della gastroscopia. In questo caso
l’esame (ECOCARDIOGRAMMA TRANSESOFAGEO) risulta un
po’ più fastidioso, ma rispetto all’ecocardiogramma transtoracico for-
nisce informazioni molto utili per una più precisa valutazione della
cardiopatia.
ma ultrasuoni (onde sonore innocue) che vengono emessi da una
sonda appoggiata sul torace del paziente (ECOCARDIOGRAMMA
TRANSTORACICO) e che rimbalzando sulle pareti del cuore ne
proiettano l’immagine su uno schermo.
È possibile quindi “vedere” il cuore in movimento, analizzando il fun-
zionamento del muscolo cardiaco, delle valvole e delle altre strutture.
È possibile quantificare il danno subito dal cuore dopo un infarto, la
gravità di una stenosi od un’insufficienza valvolare, ecc... L’esame du-
ra 20 minuti circa, è privo di rischi e non provoca dolore.
Talora viene eseguito durante il test da sforzo o mentre il cuore è sti-
molato con alcune sostanze (dipiridamolo o dobutamina) sommini-
strate per via endovenosa (ECOSTRESS). In questi casi è possibile
che il paziente accusi, durante l’esame, una palpitazione, una sensa-
zione di calore o un’oppressione al petto.
In casi particolari, se il medico ritiene che l’esame sia indispensabile,
è possibile eseguire l’ecocardiogramma attraverso una sonda intro-
dotta nell’esofago, come nel caso della gastroscopia. In questo caso
l’esame (ECOCARDIOGRAMMA TRANSESOFAGEO) risulta un
po’ più fastidioso, ma rispetto all’ecocardiogramma transtoracico for-
nisce informazioni molto utili per una più precisa valutazione della
cardiopatia.
Test da sforzo cardiopolmonre
Si tratta di un normale test da sforzo durante il quale viene applica-
ta al paziente una maschera facciale o un boccaglio, collegati ad uno
strumento che analizza, respiro per respiro, la produzione di Anidri-
de Carbonica (CO2), il consumo di Ossigeno (O2) e la ventilazione.
L’esame permette quindi una valutazione più accurata della capacità
cardiopolmonare, utile soprattutto nei pazienti con scompenso car-
diaco o per differenziare se la mancanza di respiro sotto sforzo sia
dovuta ad un problema cardiaco o polmonare. Può essere utilizzato
anche in altre patologie cardiache o nella valutazione degli atleti.
ta al paziente una maschera facciale o un boccaglio, collegati ad uno
strumento che analizza, respiro per respiro, la produzione di Anidri-
de Carbonica (CO2), il consumo di Ossigeno (O2) e la ventilazione.
L’esame permette quindi una valutazione più accurata della capacità
cardiopolmonare, utile soprattutto nei pazienti con scompenso car-
diaco o per differenziare se la mancanza di respiro sotto sforzo sia
dovuta ad un problema cardiaco o polmonare. Può essere utilizzato
anche in altre patologie cardiache o nella valutazione degli atleti.
Scintigrafia Miocardica
Più spesso viene utilizzata in associazione al test da sforzo, quando
quest’ultimo non ha risolto tutti i dubbi o quando è necessario ot-
tenere ulteriori informazioni. Consiste nel somministrare una so-
stanza radioattiva per via endovenosa, che si fissa sul cuore e può
venire rilevata da una particolare attrezzatura. In presenza di ostru-
zioni coronariche significative, le cellule non fisseranno questa so-
stanza, svelando la presenza della malattia. I traccianti abitualmente
utilizzati sono il tallio 201 (201 Tl) ed il tecnezio 99 (99m Tc). La con-
taminazione radioattiva che essi determinano è del tutto trascurabi-
le sia per il paziente che per il personale sanitario. È consigliabile che
al termine dell’esame e per le 12-24 ore successive, il paziente eviti
uno stretto contatto con i bimbi piccoli e le donne in gravidanza.
quest’ultimo non ha risolto tutti i dubbi o quando è necessario ot-
tenere ulteriori informazioni. Consiste nel somministrare una so-
stanza radioattiva per via endovenosa, che si fissa sul cuore e può
venire rilevata da una particolare attrezzatura. In presenza di ostru-
zioni coronariche significative, le cellule non fisseranno questa so-
stanza, svelando la presenza della malattia. I traccianti abitualmente
utilizzati sono il tallio 201 (201 Tl) ed il tecnezio 99 (99m Tc). La con-
taminazione radioattiva che essi determinano è del tutto trascurabi-
le sia per il paziente che per il personale sanitario. È consigliabile che
al termine dell’esame e per le 12-24 ore successive, il paziente eviti
uno stretto contatto con i bimbi piccoli e le donne in gravidanza.
Test da sforzo
È un esame molto semplice, ma di estrema utilità: l’elettrocardio-
gramma e la pressione arteriosa vengono rilevati
mentre il paziente pedala su una bicicletta (TEST DA SFORZO AL
CICLOERGOMETRO) o corre su un tappeto rotante (TEST DA
SFORZO AL TAPPETO SCORREVOLE). Infatti, se sottoponiamo il
cuore ad un maggior lavoro per soddisfare le richieste dell’organi-
smo, il flusso di sangue nelle coronarie deve aumentare parallela-
mente per fornire l’ossigeno necessario. In presenza di aterosclerosi
coronarica significativa, questo flusso non può incrementare, per cui
compare una sofferenza del muscolo cardiaco, che può essere evi-
denziata dall’elettrocardiogramma; anche in assenza di sintomi da
parte del paziente.
Inoltre l’esame permette di valutare il carico, cioè la resistenza che
viene applicata ai pedali (misurata in watt), al quale compare l’alte-
razione dell’elettrocardiogramma o la sintomatologia anginosa: quan-
to più precocemente compare, tanto più grave è l’aterosclerosi del-
le coronarie.
Possiamo infine controllare l’andamento della pressione sotto sforzo,
l’eventuale comparsa di aritmie, il grado di allenamento del sogget-
to, ecc...
Purtroppo, come tutti gli esami, non è tutto oro quello che luccica!
Qualche volta questo esame fa cilecca! E allora? Niente paura, il car-
diologo ha altre frecce nel suo arco.
gramma e la pressione arteriosa vengono rilevati
mentre il paziente pedala su una bicicletta (TEST DA SFORZO AL
CICLOERGOMETRO) o corre su un tappeto rotante (TEST DA
SFORZO AL TAPPETO SCORREVOLE). Infatti, se sottoponiamo il
cuore ad un maggior lavoro per soddisfare le richieste dell’organi-
smo, il flusso di sangue nelle coronarie deve aumentare parallela-
mente per fornire l’ossigeno necessario. In presenza di aterosclerosi
coronarica significativa, questo flusso non può incrementare, per cui
compare una sofferenza del muscolo cardiaco, che può essere evi-
denziata dall’elettrocardiogramma; anche in assenza di sintomi da
parte del paziente.
Inoltre l’esame permette di valutare il carico, cioè la resistenza che
viene applicata ai pedali (misurata in watt), al quale compare l’alte-
razione dell’elettrocardiogramma o la sintomatologia anginosa: quan-
to più precocemente compare, tanto più grave è l’aterosclerosi del-
le coronarie.
Possiamo infine controllare l’andamento della pressione sotto sforzo,
l’eventuale comparsa di aritmie, il grado di allenamento del sogget-
to, ecc...
Purtroppo, come tutti gli esami, non è tutto oro quello che luccica!
Qualche volta questo esame fa cilecca! E allora? Niente paura, il car-
diologo ha altre frecce nel suo arco.
ELETTROCARDIOGRAMMA
L’elettrocardiogramma rileva l’attività elettrica del cuore, utilizzando
degli elettrodi che vengono applicati agli arti ed al torace.
Il primo a registrare la capacità del cuore di generare e tra-
smettere la corrente elettrica fu l’olandese Willem Einthoven nel 1902.
L’elettrocardiogramma di anni ne ha quindi tanti, ma nonostante questo
non può essere sostituito da altri esami più moderni, almeno come primo
approccioal paziente cardiopatico. È semplice e di rapida esecuzione, ma
spesso di scarsa utilità, nel paziente coronaropatico, se non viene esegui-
to con dolore anginoso in atto.
degli elettrodi che vengono applicati agli arti ed al torace.
Il primo a registrare la capacità del cuore di generare e tra-
smettere la corrente elettrica fu l’olandese Willem Einthoven nel 1902.
L’elettrocardiogramma di anni ne ha quindi tanti, ma nonostante questo
non può essere sostituito da altri esami più moderni, almeno come primo
approccioal paziente cardiopatico. È semplice e di rapida esecuzione, ma
spesso di scarsa utilità, nel paziente coronaropatico, se non viene esegui-
to con dolore anginoso in atto.
Che cos’è il bypass aorto-coronarico?
È un intervento chirurgico che serve a creare un ponte, cioè una via
alternativa per far superare l’ostacolo che il sangue trova nelle arte-
rie malate. Generalmente viene utilizzata un’arteria particolare (by-
pass arterioso con arteria mammaria, arteria radiale, ecc…) oppure
una vena (bypass venoso) della gamba, che viene collegata all’aorta
e alla coronaria ostruita, creando appunto un ponte.
alternativa per far superare l’ostacolo che il sangue trova nelle arte-
rie malate. Generalmente viene utilizzata un’arteria particolare (by-
pass arterioso con arteria mammaria, arteria radiale, ecc…) oppure
una vena (bypass venoso) della gamba, che viene collegata all’aorta
e alla coronaria ostruita, creando appunto un ponte.
Come si cura l’INfARTO MIOCARDICO?
In caso di infarto miocardico, certo o sospetto, il paziente viene ri-
coverato in un particolare reparto con attrezzature e personale qua-
lificato per la cura degli “attacchi di cuore”, chiamato Unità di Cura
Intensiva Coronarica (UCIC o UTIC). In realtà in questo reparto so-
no ricoverati non solo i pazienti con infarto, ma anche con partico-
lari forme a rischio di angina (ANGINA INSTABILE), con alterazioni
del battito cardiaco pericolose (ARITMIE), con gravi incapacità di
pompa del cuore (SCOMPENSO CARDIACO) od altre malattie
che possono venire prontamente individuate e curate. In questo re-
parto il paziente viene controllato 24 ore su 24 per mezzo di elet-
trodi applicati sul torace, che permettono di controllare l’elettrocar-
diogramma sui monitor e predisporre gli allarmi per evidenziare
prontamente eventuali aritmie.
Quest’ultime sono più frequenti nelle prime ore, mettendo talora a
rischio la vita del paziente, se non curate prontamente.
Viene eseguito un ecocardiogramma e sono misurati frequente-
mente altri parametri quali la pressione arteriosa, il respiro, la quan-
tità di urine emesse, ecc...
Vengono eseguiti, infine, più esami del sangue nel corso della giorna-
ta, per misurare la quantità di enzimi cardiaci, cioè di quelle sostan-
ze liberate dalle cellule che vanno incontro a morte. Questo per-
mette sia di confermare la diagnosi di infarto, sia di stimare l’entità del
danno subito.
Il trattamento prevede l’utilizzo di vari farmaci, in particolare gli agen-
ti trombolitici, della cui importanza abbiamo già parlato in prece-
denza. In molti casi la coronaria può essere riaperta con l’angiopla-
stica primaria, cioè sottoponendo immediatamente il paziente ad
una coronarografia per individuare l’arteria occlusa e riaprirla per
mezzo di un palloncino che viene gonfiato all’interno del vaso. Mol-
to spesso viene applicata una retina chiamata “stent”, per mantene-
re il vaso aperto. Esistono 2 tipi principali di stent: quello semplice e
quello medicato. Quest’ultimo è in grado di rilasciare un farmaco che
impedisce la restenosi, ossia la riocclusione del vaso.
Superata la fase acuta della malattia il paziente viene trasferito in un
reparto di terapia post-intensiva, dove inizia la deambulazione e do-
ve viene sottoposto ad ulteriori esami prima della dimissione.
Dopo l’applicazione di uno stent devo seguire particolari precau-
zioni?
Si dovrà avere particolare cura nell’assumere correttamente la tera-
pia che è stata prescritta, in particolare la terapia antiaggregante, cioè
la terapia in grado di prevenire la formazione di trombi all’interno
dello stent. Generalmente vengono prescritti 2 farmaci contempo-
raneamente (solitamente aspirina + ticlopidina o clopidogrel) per al-
meno 1 mese, in caso di stent semplice, o per almeno 12 mesi in ca-
so di stent medicato.
coverato in un particolare reparto con attrezzature e personale qua-
lificato per la cura degli “attacchi di cuore”, chiamato Unità di Cura
Intensiva Coronarica (UCIC o UTIC). In realtà in questo reparto so-
no ricoverati non solo i pazienti con infarto, ma anche con partico-
lari forme a rischio di angina (ANGINA INSTABILE), con alterazioni
del battito cardiaco pericolose (ARITMIE), con gravi incapacità di
pompa del cuore (SCOMPENSO CARDIACO) od altre malattie
che possono venire prontamente individuate e curate. In questo re-
parto il paziente viene controllato 24 ore su 24 per mezzo di elet-
trodi applicati sul torace, che permettono di controllare l’elettrocar-
diogramma sui monitor e predisporre gli allarmi per evidenziare
prontamente eventuali aritmie.
Quest’ultime sono più frequenti nelle prime ore, mettendo talora a
rischio la vita del paziente, se non curate prontamente.
Viene eseguito un ecocardiogramma e sono misurati frequente-
mente altri parametri quali la pressione arteriosa, il respiro, la quan-
tità di urine emesse, ecc...
Vengono eseguiti, infine, più esami del sangue nel corso della giorna-
ta, per misurare la quantità di enzimi cardiaci, cioè di quelle sostan-
ze liberate dalle cellule che vanno incontro a morte. Questo per-
mette sia di confermare la diagnosi di infarto, sia di stimare l’entità del
danno subito.
Il trattamento prevede l’utilizzo di vari farmaci, in particolare gli agen-
ti trombolitici, della cui importanza abbiamo già parlato in prece-
denza. In molti casi la coronaria può essere riaperta con l’angiopla-
stica primaria, cioè sottoponendo immediatamente il paziente ad
una coronarografia per individuare l’arteria occlusa e riaprirla per
mezzo di un palloncino che viene gonfiato all’interno del vaso. Mol-
to spesso viene applicata una retina chiamata “stent”, per mantene-
re il vaso aperto. Esistono 2 tipi principali di stent: quello semplice e
quello medicato. Quest’ultimo è in grado di rilasciare un farmaco che
impedisce la restenosi, ossia la riocclusione del vaso.
Superata la fase acuta della malattia il paziente viene trasferito in un
reparto di terapia post-intensiva, dove inizia la deambulazione e do-
ve viene sottoposto ad ulteriori esami prima della dimissione.
Dopo l’applicazione di uno stent devo seguire particolari precau-
zioni?
Si dovrà avere particolare cura nell’assumere correttamente la tera-
pia che è stata prescritta, in particolare la terapia antiaggregante, cioè
la terapia in grado di prevenire la formazione di trombi all’interno
dello stent. Generalmente vengono prescritti 2 farmaci contempo-
raneamente (solitamente aspirina + ticlopidina o clopidogrel) per al-
meno 1 mese, in caso di stent semplice, o per almeno 12 mesi in ca-
so di stent medicato.
Come comportarsi se compare un forte dolore al petto?
È completamente inutile, anzi pericoloso, perdere tempo cercando
il medico curante (spesso difficilmente rintracciabile in tempi brevis-
simi) od attardarsi nell’attesa che il dolore receda con un thè, una ca-
momilla o con un antidolorifico!
Se il paziente sa già di essere affetto da una cardiopatia ischemica
deve sedersi o sdraiarsi ed assumere un farmaco da sciogliere sotto
la lingua (CARVASIN 5 mg 1 compressa, TRINITRINA 1 perla da
masticare e polverizzare, lasciandola sotto lingua oppure utilizzare
uno spruzzo di NATISPRAY) per verificare se la sintomatologia re-
cede rapidamente (pochi minuti). La somministrazione può essere ri-
petuta dopo 5 minuti circa se il dolore persiste, ma comunque non
è mai opportuno superare le 2 compresse (soprattutto se la pres-
sione arteriosa si abbassa al di sotto dei 120 mmHg) o aspettare ol-
tre i 15 minuti (se la sintomatologia recede in pochi minuti proba-
bilmente si trattava di una crisi anginosa e non di infarto miocardico
acuto: è opportuno comunque avvisare prontamente il proprio me-
dico curante od il proprio cardiologo). Se dopo tale intervallo di tem-
po il dolore non è cessato, bisogna farsi accompagnare con l’ambu-
lanza o l’auto all’Ospedale.
Poiché questi farmaci possono abbassare la pressione arteriosa
non bisogna assumerli rimanendo in piedi, ma è necessario seder-
si o sdraiarsi e non assumere il farmaco se compare stanchezza
eccessiva, vertigini, offuscamento della vista o altri malori. Ricordati
inoltre di assumere questi farmaci solo su prescrizione del medi-
co e solo in presenza di dolore toracico. Il farmaco non va assun-
to se compaiono altri sintomi, ad esempio palpitazione, stanchezza,
ecc…
I recenti importanti progressi nel trattamento dell’infarto miocardi-
co hanno inequivocabilmente dimostrato, l’utilità di un rapido rico-
vero in un’Unità di Cura Intensiva Coronarica (UCIC o UTIC), ove
sarà possibile effettuare un trattamento per poter sciogliere il trom-
bo (terapia trombolitica) o riaprire la coronaria con un’angioplastica
coronarica, riducendo così i danni causati dall’occlusione coronarica.
I risultati migliori si ottengono quando il trattamento viene effettua-
to entro 1 ora dall’inizio dei sintomi.
Bisogna pertanto recarsi al più presto al Pronto Soccorso più vicino!
Qui sarà possibile eseguire un elettrocardiogramma, per arrivare ad
una diagnosi esatta.
Una recente indagine condotta in tutta Italia ha dimostrato che cir-
ca il 40% degli infartuati arriva in UCIC dopo 6 ore dall’esordio dei
sintomi e cioè spesso troppo tardi per ottenere un buon risultato
dalla terapia.
Il motivo principale di tale ritardo è dovuto proprio al tempo che im-
piega il paziente a decidersi prima di recarsi al Pronto Soccorso.
il medico curante (spesso difficilmente rintracciabile in tempi brevis-
simi) od attardarsi nell’attesa che il dolore receda con un thè, una ca-
momilla o con un antidolorifico!
Se il paziente sa già di essere affetto da una cardiopatia ischemica
deve sedersi o sdraiarsi ed assumere un farmaco da sciogliere sotto
la lingua (CARVASIN 5 mg 1 compressa, TRINITRINA 1 perla da
masticare e polverizzare, lasciandola sotto lingua oppure utilizzare
uno spruzzo di NATISPRAY) per verificare se la sintomatologia re-
cede rapidamente (pochi minuti). La somministrazione può essere ri-
petuta dopo 5 minuti circa se il dolore persiste, ma comunque non
è mai opportuno superare le 2 compresse (soprattutto se la pres-
sione arteriosa si abbassa al di sotto dei 120 mmHg) o aspettare ol-
tre i 15 minuti (se la sintomatologia recede in pochi minuti proba-
bilmente si trattava di una crisi anginosa e non di infarto miocardico
acuto: è opportuno comunque avvisare prontamente il proprio me-
dico curante od il proprio cardiologo). Se dopo tale intervallo di tem-
po il dolore non è cessato, bisogna farsi accompagnare con l’ambu-
lanza o l’auto all’Ospedale.
Poiché questi farmaci possono abbassare la pressione arteriosa
non bisogna assumerli rimanendo in piedi, ma è necessario seder-
si o sdraiarsi e non assumere il farmaco se compare stanchezza
eccessiva, vertigini, offuscamento della vista o altri malori. Ricordati
inoltre di assumere questi farmaci solo su prescrizione del medi-
co e solo in presenza di dolore toracico. Il farmaco non va assun-
to se compaiono altri sintomi, ad esempio palpitazione, stanchezza,
ecc…
I recenti importanti progressi nel trattamento dell’infarto miocardi-
co hanno inequivocabilmente dimostrato, l’utilità di un rapido rico-
vero in un’Unità di Cura Intensiva Coronarica (UCIC o UTIC), ove
sarà possibile effettuare un trattamento per poter sciogliere il trom-
bo (terapia trombolitica) o riaprire la coronaria con un’angioplastica
coronarica, riducendo così i danni causati dall’occlusione coronarica.
I risultati migliori si ottengono quando il trattamento viene effettua-
to entro 1 ora dall’inizio dei sintomi.
Bisogna pertanto recarsi al più presto al Pronto Soccorso più vicino!
Qui sarà possibile eseguire un elettrocardiogramma, per arrivare ad
una diagnosi esatta.
Una recente indagine condotta in tutta Italia ha dimostrato che cir-
ca il 40% degli infartuati arriva in UCIC dopo 6 ore dall’esordio dei
sintomi e cioè spesso troppo tardi per ottenere un buon risultato
dalla terapia.
Il motivo principale di tale ritardo è dovuto proprio al tempo che im-
piega il paziente a decidersi prima di recarsi al Pronto Soccorso.
La Terapia ormonale sostitutiva in Menopausa
La terapia ormonale sostitutiva in menopausa è utile per la pre-
venzione delle malattie cardiovascolari?
No! La terapia ormonale sostitutiva con ormoni sessuali femminili, in
passato era stata consigliata, perché sembrava poter prevenire l’infarto
miocardio e l’ictus cerebrale oltre ad avere effetti preventivi sull’osteopo-
rosi. In realtà alcuni studi iniziati negli anni Novanta hanno dimostrato che i
rischi sono superiori ai benefici. Infatti, una ricerca condotta su oltre 16.000
donne senza alcuna malattia cardiovascolare, ha dimostrato che tale
trattamento ha aumentato gli eventi coronarici del 29%, l’ictus del
41% e il tumore al seno del 26%.
venzione delle malattie cardiovascolari?
No! La terapia ormonale sostitutiva con ormoni sessuali femminili, in
passato era stata consigliata, perché sembrava poter prevenire l’infarto
miocardio e l’ictus cerebrale oltre ad avere effetti preventivi sull’osteopo-
rosi. In realtà alcuni studi iniziati negli anni Novanta hanno dimostrato che i
rischi sono superiori ai benefici. Infatti, una ricerca condotta su oltre 16.000
donne senza alcuna malattia cardiovascolare, ha dimostrato che tale
trattamento ha aumentato gli eventi coronarici del 29%, l’ictus del
41% e il tumore al seno del 26%.
Sdentarietà
Un’attività‘ fisica regolare produce effetti benefici sui grassi del san-
gue (riduce il colesterolo “cattivo” ed aumenta quello “buono”, ridu-
ce i trigliceridi), favorisce il calo del peso corporeo, della pressione ar-
teriosa e dello stress. Migliora inoltre l’umore, la tolleranza allo zuc-
chero e contribuisce a prevenire l’osteoporosi ed alcuni tumori (tu-
mori del colon e della mammella).
Nei soggetti sani è molto utile nella prevenzione primaria, mentre nei
soggetti con cardiopatia ischemica (dopo adeguata valutazione da par-
te del cardiologo) ha un effetto benefico sull’apparato cardiovascolare.
La partecipazione ad un programma di attività fisica regolare pro-
muove lo stato di benessere fisico e mentale durante la gravidanza,
lo sviluppo fisico dei ragazzi ed una migliore qualità di vita e di salu-
te nell’età adulta e nella terza età. Oltre a ridurre del 10% il rischio
di mortalità per qualsiasi causa, l’attività fisica riduce del 20% il rischio
di sviluppare una malattia cardiovascolare.
Il Centro per il Controllo delle Malattie e per la Prevenzione ameri-
cano e la Società Europea di Cardiologia consigliano, agli individui di
tutte le età, da 30 a 45 minuti di attività fisica di moderata intensità
(ad esempio una passeggiata veloce) in molti, se non in tutti i giorni del-
la settimana.
La pratica delle attività sportive deve essere pertanto incoraggiata, te-
nendo presente alcuni punti fondamentali:
- preferire le attività di tipo aerobico o dinamico, cioè quelle attività
che impegnano il maggior numero di muscoli per un periodo abba-
stanza lungo, con uno sforzo moderato;
- deve essere continuativa e non saltuaria, preferibilmente 3-4 o più
volte alla settimana;
- la durata di ogni seduta dev’essere di 30-45 minuti;
- ogni seduta può essere suddivisa in 2 o più sessioni giornaliere, di
durata complessiva uguale a quella della seduta unica. Atti-
vità di durata minore e/o meno frequenti sono comunque
utili, anche se meno efficaci nel ridurre il rischio cardiovascolare;
- ogni seduta deve iniziare con un periodo di riscaldamento,
cioè con un basso livello di sforzo, della durata di alcuni minuti;
- non sospendere lo sforzo bruscamente, ma prevedere
un periodo di defaticamento;
- l’entità dello sforzo ottimale deve raggiungere, nel soggetto sano,
il 60-75% della frequenza cardiaca massimale
(FC massimale = 220 – età; per una persona di 40 anni corrisponde
a 220 – 40 = 180 battiti al minuto. 180 x 60/100 = 108; 180 x 75/100 = 135.
Secondo questa formula la frequenza cardiaca durante
esercizio fisico di un soggetto di 40 anni, in buona salute,
dovrebbe essere pertanto mantenuta ad una frequenza cardiaca com-
presa tra 108 e 135 battiti al minuto). Dopo adeguato allenamento,
la frequenza cardiaca massima potrà essere incrementata, anche se
è preferibile che non superi l’85% della frequenza cardiaca massi-
male. In ogni caso, specialmente per attività fisiche intense o in pre-
senza di un rischio cardiovascolare elevato è opportuno sottoporsi ol-
tre ad un controllo medico anche ad un test da sforzo.
- nei soggetti affetti da cardiopatia ischemica o altra malattia di cuo-
re, la durata e l’intensità dello sforzo devono essere concordate
con il proprio cardiologo, dopo un’adeguata valutazione della pro-
pria situazione cardiocircolatoria, come vedremo più avanti.
Un ultimo consiglio: praticate un’attività fisica che possa essere pia-
cevole (nuotare, ballare, marcia veloce, bicicletta, giardinaggio, ecc…)
coinvolgendo i familiari, gli amici o comunque in compagnia di altre
persone e che sia adatta alle vostre condizioni fisiche, in modo da
mantenere un’adeguata adesione nel tempo.
gue (riduce il colesterolo “cattivo” ed aumenta quello “buono”, ridu-
ce i trigliceridi), favorisce il calo del peso corporeo, della pressione ar-
teriosa e dello stress. Migliora inoltre l’umore, la tolleranza allo zuc-
chero e contribuisce a prevenire l’osteoporosi ed alcuni tumori (tu-
mori del colon e della mammella).
Nei soggetti sani è molto utile nella prevenzione primaria, mentre nei
soggetti con cardiopatia ischemica (dopo adeguata valutazione da par-
te del cardiologo) ha un effetto benefico sull’apparato cardiovascolare.
La partecipazione ad un programma di attività fisica regolare pro-
muove lo stato di benessere fisico e mentale durante la gravidanza,
lo sviluppo fisico dei ragazzi ed una migliore qualità di vita e di salu-
te nell’età adulta e nella terza età. Oltre a ridurre del 10% il rischio
di mortalità per qualsiasi causa, l’attività fisica riduce del 20% il rischio
di sviluppare una malattia cardiovascolare.
Il Centro per il Controllo delle Malattie e per la Prevenzione ameri-
cano e la Società Europea di Cardiologia consigliano, agli individui di
tutte le età, da 30 a 45 minuti di attività fisica di moderata intensità
(ad esempio una passeggiata veloce) in molti, se non in tutti i giorni del-
la settimana.
La pratica delle attività sportive deve essere pertanto incoraggiata, te-
nendo presente alcuni punti fondamentali:
- preferire le attività di tipo aerobico o dinamico, cioè quelle attività
che impegnano il maggior numero di muscoli per un periodo abba-
stanza lungo, con uno sforzo moderato;
- deve essere continuativa e non saltuaria, preferibilmente 3-4 o più
volte alla settimana;
- la durata di ogni seduta dev’essere di 30-45 minuti;
- ogni seduta può essere suddivisa in 2 o più sessioni giornaliere, di
durata complessiva uguale a quella della seduta unica. Atti-
vità di durata minore e/o meno frequenti sono comunque
utili, anche se meno efficaci nel ridurre il rischio cardiovascolare;
- ogni seduta deve iniziare con un periodo di riscaldamento,
cioè con un basso livello di sforzo, della durata di alcuni minuti;
- non sospendere lo sforzo bruscamente, ma prevedere
un periodo di defaticamento;
- l’entità dello sforzo ottimale deve raggiungere, nel soggetto sano,
il 60-75% della frequenza cardiaca massimale
(FC massimale = 220 – età; per una persona di 40 anni corrisponde
a 220 – 40 = 180 battiti al minuto. 180 x 60/100 = 108; 180 x 75/100 = 135.
Secondo questa formula la frequenza cardiaca durante
esercizio fisico di un soggetto di 40 anni, in buona salute,
dovrebbe essere pertanto mantenuta ad una frequenza cardiaca com-
presa tra 108 e 135 battiti al minuto). Dopo adeguato allenamento,
la frequenza cardiaca massima potrà essere incrementata, anche se
è preferibile che non superi l’85% della frequenza cardiaca massi-
male. In ogni caso, specialmente per attività fisiche intense o in pre-
senza di un rischio cardiovascolare elevato è opportuno sottoporsi ol-
tre ad un controllo medico anche ad un test da sforzo.
- nei soggetti affetti da cardiopatia ischemica o altra malattia di cuo-
re, la durata e l’intensità dello sforzo devono essere concordate
con il proprio cardiologo, dopo un’adeguata valutazione della pro-
pria situazione cardiocircolatoria, come vedremo più avanti.
Un ultimo consiglio: praticate un’attività fisica che possa essere pia-
cevole (nuotare, ballare, marcia veloce, bicicletta, giardinaggio, ecc…)
coinvolgendo i familiari, gli amici o comunque in compagnia di altre
persone e che sia adatta alle vostre condizioni fisiche, in modo da
mantenere un’adeguata adesione nel tempo.
domenica 2 gennaio 2011
Come curare il Diabete e l'Obesità
DIABETE MELLITO
Nei casi più lievi può essere sufficiente aumentare l’attività fisica, ri-
durre il peso corporeo e gli zuccheri con la dieta. Negli altri casi bi-
sognerà seguire le prescrizioni del proprio medico curante o dei me-
dici che operano nei Centri Antidiabetici, che potrebbero prescri-
verti medicinali da assumere per bocca oppure iniezioni sottocuta-
nee di insulina. L’obiettivo del trattamento è quello di mantenere la
glicemia a digiuno tra i 90 e 130 mg/dl e l’emoglobina glicata a valo-
ri inferiori al 7%.
OBESITÀ
L’obesità dev’essere corretta attraverso la dieta e l’attività fisica. Non
servono digiuni o diete drastiche: importante è la forza di volontà nel se-
guire con costanza alcuni comportamenti nella propria alimentazione
(come vedremo più avanti). Evitare i farmaci, ma chiedere aiuto ad un die-
tologo, che potrà correggere i vostri errori alimentari ed aiutarvi a rag-
giungere il peso ottimale. Attenti alle calorie nascoste! Tenete pre-
sente che i liquidi che introduciamo (non l’acqua!), apportano calo-
rie! Ad esempio 750 ml di vino al 12% produce circa 500 calorie,
una lattina di birra oppure un bicchierino di whisky, cognac o bran-
dy quasi 100 calorie, una lattina di coca-cola 135 calorie.
Può essere utile saltare un pasto?
No! Quando si salta un pasto si attivano dei meccanismi che inevi-
tabilmente portano ad una maggiore introduzione di cibo nel pasto
successivo. Inoltre, frazionando il cibo in più pasti possiamo bruciare
più facilmente le calorie, poiché la digestione è un processo che ri-
chiede energia.
Volete sapere se il vostro peso attuale è ottimale oppure no?
Calcolate il vostro BMI (cioè l’indice di massa corporea), dividendo
il peso corporeo (Kg) per l’altezza (metri) elevata al quadrato
(Kg/metro2). Se il valore ottenuto è compreso tra 20 e 25 (18,7 e
23,8 per le donne) siete nella norma, se compreso tra 25,1 e 30
(23,9 e 28,6 per le donne) siete in SOVRAPPESO, se compreso tra
30,1 e 40 (28,7 e 40 per le donne) siete OBESI, se superiore a 40 la
vostra è un’OBESITÀ GRAVE.
I soggetti affetti da una malattia vascolare dovrebbero raggiungere
un BMI inferiore a 25 ed una circonferenza addominale inferiore a
102 cm per gli uomini e 88 cm per le donne.
Nei casi più lievi può essere sufficiente aumentare l’attività fisica, ri-
durre il peso corporeo e gli zuccheri con la dieta. Negli altri casi bi-
sognerà seguire le prescrizioni del proprio medico curante o dei me-
dici che operano nei Centri Antidiabetici, che potrebbero prescri-
verti medicinali da assumere per bocca oppure iniezioni sottocuta-
nee di insulina. L’obiettivo del trattamento è quello di mantenere la
glicemia a digiuno tra i 90 e 130 mg/dl e l’emoglobina glicata a valo-
ri inferiori al 7%.
OBESITÀ
L’obesità dev’essere corretta attraverso la dieta e l’attività fisica. Non
servono digiuni o diete drastiche: importante è la forza di volontà nel se-
guire con costanza alcuni comportamenti nella propria alimentazione
(come vedremo più avanti). Evitare i farmaci, ma chiedere aiuto ad un die-
tologo, che potrà correggere i vostri errori alimentari ed aiutarvi a rag-
giungere il peso ottimale. Attenti alle calorie nascoste! Tenete pre-
sente che i liquidi che introduciamo (non l’acqua!), apportano calo-
rie! Ad esempio 750 ml di vino al 12% produce circa 500 calorie,
una lattina di birra oppure un bicchierino di whisky, cognac o bran-
dy quasi 100 calorie, una lattina di coca-cola 135 calorie.
Può essere utile saltare un pasto?
No! Quando si salta un pasto si attivano dei meccanismi che inevi-
tabilmente portano ad una maggiore introduzione di cibo nel pasto
successivo. Inoltre, frazionando il cibo in più pasti possiamo bruciare
più facilmente le calorie, poiché la digestione è un processo che ri-
chiede energia.
Volete sapere se il vostro peso attuale è ottimale oppure no?
Calcolate il vostro BMI (cioè l’indice di massa corporea), dividendo
il peso corporeo (Kg) per l’altezza (metri) elevata al quadrato
(Kg/metro2). Se il valore ottenuto è compreso tra 20 e 25 (18,7 e
23,8 per le donne) siete nella norma, se compreso tra 25,1 e 30
(23,9 e 28,6 per le donne) siete in SOVRAPPESO, se compreso tra
30,1 e 40 (28,7 e 40 per le donne) siete OBESI, se superiore a 40 la
vostra è un’OBESITÀ GRAVE.
I soggetti affetti da una malattia vascolare dovrebbero raggiungere
un BMI inferiore a 25 ed una circonferenza addominale inferiore a
102 cm per gli uomini e 88 cm per le donne.
Come smettere di fumare
FUMO
Almeno il 60-70% di tutti i fumatori dice di voler smettere ed
il 50% di essi tenta di farlo.
L’abolizione del fumo è l’unico metodo sicuro! Ridurre il nume-
ro di sigarette od usare sigarette più “leggere” può essere solo
una tappa intermedia per i forti fumatori.
Il fumo dei sigari e della pipa (non inalato!) può essere, in alcuni ca-
si, un’alternativa per gli “irriducibili”. Tuttavia il fumo dei sigari e della
pipa è più forte di quello delle sigarette, e se inalato aumenta anche
la quantità di catrame che si deposita nei polmoni.
Come fare a smettere?
Si possono utilizzare vari metodi di sostegno, quali l’agopuntura, far-
maci o i cerotti di nicotina, ma se non si è adeguatamente motivati,
l’insuccesso è probabile.
Una buona dose di forza di volontà, motivazione e costanza ci per-
metteranno più facilmente di raggiungere il risultato!
Almeno il 60-70% di tutti i fumatori dice di voler smettere ed
il 50% di essi tenta di farlo.
L’abolizione del fumo è l’unico metodo sicuro! Ridurre il nume-
ro di sigarette od usare sigarette più “leggere” può essere solo
una tappa intermedia per i forti fumatori.
Il fumo dei sigari e della pipa (non inalato!) può essere, in alcuni ca-
si, un’alternativa per gli “irriducibili”. Tuttavia il fumo dei sigari e della
pipa è più forte di quello delle sigarette, e se inalato aumenta anche
la quantità di catrame che si deposita nei polmoni.
Come fare a smettere?
Si possono utilizzare vari metodi di sostegno, quali l’agopuntura, far-
maci o i cerotti di nicotina, ma se non si è adeguatamente motivati,
l’insuccesso è probabile.
Una buona dose di forza di volontà, motivazione e costanza ci per-
metteranno più facilmente di raggiungere il risultato!
Come curare l'ipercolesterolemia
IPERCOLESTEROLEMIA
Ridurre l’apporto di grassi ed il peso corporeo!
Aumentare l’apporto di fibre!
Aumentare l’attività‘ fisica!
Più avanti potrete trovare altri consigli sull’alimentazione.
La necessità di iniziare un trattamento con farmaci e l’entità dei va-
lori di colesterolo da raggiungere dipende come abbiamo appena vi-
sto dal rischio globale di sviluppare una malattia vascolare. In gene-
rale nelle persone sane il colesterolo totale e il colesterolo catti-
vo (LDL) dovrebbero essere inferiori rispettivamente a 190 e 115
mg/dl.
Particolarmente aggressivo deve essere invece il trattamento nei pa-
zienti a rischio più alto: quelli cioè già affetti da una malattia delle co-
ronarie (angina pectoris, infarto miocardico, portatori di bypass aor-
to-coronarico, soggetti sottoposti ad angioplastica coronarica, ecc…).
In questi soggetti o comunque in tutti quelli con un rischio elevato,
l’obiettivo primario, secondo gli esperti delle Associazioni Cardiolo-
giche Americane ed Europee, è quello di abbassare il colesterolo
totale e il colesterolo cattivo (LDL) al di sotto rispettivamente di
175 (spesso inferiore a 155) e di 100 mg/dl (spesso inferiore a 70).
Ridurre l’apporto di grassi ed il peso corporeo!
Aumentare l’apporto di fibre!
Aumentare l’attività‘ fisica!
Più avanti potrete trovare altri consigli sull’alimentazione.
La necessità di iniziare un trattamento con farmaci e l’entità dei va-
lori di colesterolo da raggiungere dipende come abbiamo appena vi-
sto dal rischio globale di sviluppare una malattia vascolare. In gene-
rale nelle persone sane il colesterolo totale e il colesterolo catti-
vo (LDL) dovrebbero essere inferiori rispettivamente a 190 e 115
mg/dl.
Particolarmente aggressivo deve essere invece il trattamento nei pa-
zienti a rischio più alto: quelli cioè già affetti da una malattia delle co-
ronarie (angina pectoris, infarto miocardico, portatori di bypass aor-
to-coronarico, soggetti sottoposti ad angioplastica coronarica, ecc…).
In questi soggetti o comunque in tutti quelli con un rischio elevato,
l’obiettivo primario, secondo gli esperti delle Associazioni Cardiolo-
giche Americane ed Europee, è quello di abbassare il colesterolo
totale e il colesterolo cattivo (LDL) al di sotto rispettivamente di
175 (spesso inferiore a 155) e di 100 mg/dl (spesso inferiore a 70).
Come curare l'ipertensione arteriosa
IPERTENSIONE
Bisogna ridurre l’apporto di sale ed aumentare quello del potassio
con la dieta. Utili sono i prodotti sostitutivi del sale (non abusare!)
presenti in commercio, in quanto generalmente ricchi anche di po-
tassio, che può proteggere dallo sviluppo dell’ipertensione arteriosa.
Il caffè può aumentare la pressione arteriosa “in acuto”, ma nell’as-
sunzione cronica questo effetto tende a scomparire. Per tale motivo,
se non ci sono altre controindicazioni, generalmente non è necessa-
rio ridurre in modo particolare la sua assunzione.
È molto importante invece, ridurre il peso corporeo, se in eccesso,
e moderare l’assunzione di alcolici. Gli uomini non devono superare
1/4 di litro di vino oppure 2/3 di litro di birra oppure 80 grammi di
whisky puro al giorno (ovviamente chi assume 1/4 di litro di vino al
giorno non deve assumere altri alcolici, altrimenti si supererebbe la
quantità massima di alcol consentita: 20-30 grammi di etanolo al gior-
no). Queste quantità dovrebbero essere ridotte alla metà nelle don-
ne o nei soggetti di basso peso corporeo.
Anche l’attività fisica praticata con regolarità è in grado di abbassare
la pressione arteriosa.
Qualora le modificazioni dello stile di vita non siano sufficienti si de-
ve ricorrere alla terapia farmacologia.
Seguire attentamente le prescrizioni del medico! La terapia del-
l’ipertensione è, infatti, una terapia cronica.
Quali sono i valori pressori da raggiungere con la terapia?
Tutti i soggetti ipertesi dovrebbero raggiungere valori pressori infe-
riori a 140 mmHg di sistolica e 90 mmHg di diastolica.
In caso di pressione arteriosa automisurata i valori pressori dovreb-
bero essere inferiori a 135 di sistolica ed 85 di diastolica.
Le persone affette da diabete mellito o insufficienza renale, che so-
no a rischio cardiovascolare più elevato, dovrebbero abbassare i va-
lori pressori al di sotto di 130 di sistolica e 80 di diastolica.
REGOLE PER AIUTARE A PREvENIRE L’IPERTENSIONE ARTE-
RIOSA OD ABBASSARE I vALORI PRESSORI DELL’IPERTESO:
• Svolgere attività fisica
• Ridurre il peso corporeo
• Limitare l’uso di bevande alcoliche
• Ridurre l’assunzione di sodio
• Mantenere un valore di potassio adeguato
• Condurre una dieta ricca di frutta, verdura e povera di grassi.
Bisogna ridurre l’apporto di sale ed aumentare quello del potassio
con la dieta. Utili sono i prodotti sostitutivi del sale (non abusare!)
presenti in commercio, in quanto generalmente ricchi anche di po-
tassio, che può proteggere dallo sviluppo dell’ipertensione arteriosa.
Il caffè può aumentare la pressione arteriosa “in acuto”, ma nell’as-
sunzione cronica questo effetto tende a scomparire. Per tale motivo,
se non ci sono altre controindicazioni, generalmente non è necessa-
rio ridurre in modo particolare la sua assunzione.
È molto importante invece, ridurre il peso corporeo, se in eccesso,
e moderare l’assunzione di alcolici. Gli uomini non devono superare
1/4 di litro di vino oppure 2/3 di litro di birra oppure 80 grammi di
whisky puro al giorno (ovviamente chi assume 1/4 di litro di vino al
giorno non deve assumere altri alcolici, altrimenti si supererebbe la
quantità massima di alcol consentita: 20-30 grammi di etanolo al gior-
no). Queste quantità dovrebbero essere ridotte alla metà nelle don-
ne o nei soggetti di basso peso corporeo.
Anche l’attività fisica praticata con regolarità è in grado di abbassare
la pressione arteriosa.
Qualora le modificazioni dello stile di vita non siano sufficienti si de-
ve ricorrere alla terapia farmacologia.
Seguire attentamente le prescrizioni del medico! La terapia del-
l’ipertensione è, infatti, una terapia cronica.
Quali sono i valori pressori da raggiungere con la terapia?
Tutti i soggetti ipertesi dovrebbero raggiungere valori pressori infe-
riori a 140 mmHg di sistolica e 90 mmHg di diastolica.
In caso di pressione arteriosa automisurata i valori pressori dovreb-
bero essere inferiori a 135 di sistolica ed 85 di diastolica.
Le persone affette da diabete mellito o insufficienza renale, che so-
no a rischio cardiovascolare più elevato, dovrebbero abbassare i va-
lori pressori al di sotto di 130 di sistolica e 80 di diastolica.
REGOLE PER AIUTARE A PREvENIRE L’IPERTENSIONE ARTE-
RIOSA OD ABBASSARE I vALORI PRESSORI DELL’IPERTESO:
• Svolgere attività fisica
• Ridurre il peso corporeo
• Limitare l’uso di bevande alcoliche
• Ridurre l’assunzione di sodio
• Mantenere un valore di potassio adeguato
• Condurre una dieta ricca di frutta, verdura e povera di grassi.
Che cos’è la Claudicatio Intermittens?
Abbiamo già visto che l’arteriosclerosi può interessare an-
che le arterie presenti in altri tessuti, comprese quelle degli arti infe-
riori. Il disturbo più frequente in questi casi è il dolore alla gamba
che compare quando si cammina e scompare con il riposo, causan-
do una zoppia intermittente. Possiamo paragonare la claudicatio a
quello che succede nell’angina da sforzo: in entrambi i casi i muscoli
della gamba ed il muscolo cardiaco non ricevono dalle rispettive ar-
terie (arterie delle gambe e coronarie) la quantità di sangue neces-
saria al loro lavoro.
che le arterie presenti in altri tessuti, comprese quelle degli arti infe-
riori. Il disturbo più frequente in questi casi è il dolore alla gamba
che compare quando si cammina e scompare con il riposo, causan-
do una zoppia intermittente. Possiamo paragonare la claudicatio a
quello che succede nell’angina da sforzo: in entrambi i casi i muscoli
della gamba ed il muscolo cardiaco non ricevono dalle rispettive ar-
terie (arterie delle gambe e coronarie) la quantità di sangue neces-
saria al loro lavoro.
Che cosa sono le aritmie?
È un termine generico per definire qualsiasi variazione del ritmo re-
golare del battito cardiaco. Questa irregolarità del battito in alcune
occasioni può essere percepita dal soggetto come palpitazione: cioè
quella sensazione soggettiva, in genere sgradevole, del proprio batti-
to cardiaco.
In altre occasioni l’aritmia non viene assolutamente percepita dal sog-
getto: in questo caso può essere rilevata casualmente durante una vi-
sita medica o dopo l’esecuzione di un elettrocardiogramma.
Che tipi di aritmie esistono?
Esistono diversi tipi di aritmie.
Possono provocare un rallentamento del battito (ARITMIE IPOCI-
NETICHE) od una sua accelerazione (ARITMIE IPERCINETICHE).
Possono originare dagli atri (ARITMIE ATRIALI) o dai ventricoli
(ARITMIE VENTRICOLARI).
Le aritmie più frequenti sono la FIBRILLAZIONE ATRIALE, la TA-
39CHICARDIA PAROSSISTICA SOPRAVENTRICOLARE e le EX-
TRASISTOLI ATRIALI e VENTRICOLARI.
Che cosa s’intende per tachicardia?
È un termine generico per indicare un aumento della frequenza car-
diaca. Non necessariamente si tratta di un’aritmia, talora può essere
un fatto del tutto normale. In questo caso si parla di TACHICARDIA
SINUSALE: ad esempio durante uno sforzo fisico, un’emozione, in
corso di febbre, ecc…
Che cosa significa bradicardia?
Ha un significato opposto alla tachicardia, corrisponde cioè ad un ral-
lentamento del battito cardiaco (al di sotto di 60 battiti al minuto).
Anche in questo caso può essere del tutto normale, soprattutto nei
soggetti allenati (negli sportivi di alto livello non è raro trovare valo-
ri inferiori a 40 battiti al minuto). In altri casi può essere la conse-
guenza di un’alterazione nell’impianto elettrico del cuore (ARITMIE
IPOCINETICHE: malattia atriale o malattia del nodo del seno, bloc-
chi atrio-ventricolari).
Che cos’è la fibrillazione atriale?
In caso di fibrillazione atriale il nodo del seno viene sopraffatto da
un’attività elettrica incontrollata che si origina negli atri e che invia
centinaia di impulsi al minuto al nodo atrio-ventricolare. Fortunata-
mente quest’ultimo riesce a bloccare la maggior parte di tali impul-
si, ma questo blocco è spesso insufficiente, per cui i ventricoli si con-
traggono con una frequenza troppo elevata, oltre che irregolare.
Che cos’è un’extrasistole?
È un battito “irregolare” che spesso può comparire in persone con
un cuore completamente sano.
Che cos’è una tachicardia parossistica sopraventricolare?
È un’aritmia che compare improvvisamente ed altrettanto improvvi-
samente cessa. Nella sua forma più tipica compare quasi sempre in
assenza di malattie del cuore ed ha un andamento nel tempo mol-
to irregolare: può comparire ad intervalli molto ravvicinati come ri-
presentarsi solo dopo molti anni.
Sono pericolose le aritmie?
Come avete potuto notare le aritmie sono molto diverse le une dal-
le altre, possono comparire in cuori sani ed essere del tutto benigne,
o in cuori molto malati ed essere rischiose per la vita.
Come si curano le aritmie?
Molto spesso non richiedono alcun trattamento, mentre in altri ca-
si può essere utile un trattamento con farmaci. In altri casi ancora
possono essere utilizzate procedure invasive (ablazioni) o
particolari dispositivi, ad esempio un pacemaker per le
aritmie ipocinetiche o un defibrillatore impiantabile (o ICD)
per le aritmie ventricolari più gravi.
Che cos’è il pacemaker artificiale?
È uno stimolatore cardiaco composto da una batteria (generatore)
e un circuito elettronico in grado di inviare un impulso al
cuore che modifica la frequenza cardiaca in base alle esigenze del
corpo.
Che cos’è il defibrillatore impiantabile?
È uno stimolatore cardiaco alimentato da una batteria, che control-
la i segnali elettrici del cuore ed eroga una scarica elettrica quando
rileva un ritmo anomalo di un certo tipo.
golare del battito cardiaco. Questa irregolarità del battito in alcune
occasioni può essere percepita dal soggetto come palpitazione: cioè
quella sensazione soggettiva, in genere sgradevole, del proprio batti-
to cardiaco.
In altre occasioni l’aritmia non viene assolutamente percepita dal sog-
getto: in questo caso può essere rilevata casualmente durante una vi-
sita medica o dopo l’esecuzione di un elettrocardiogramma.
Che tipi di aritmie esistono?
Esistono diversi tipi di aritmie.
Possono provocare un rallentamento del battito (ARITMIE IPOCI-
NETICHE) od una sua accelerazione (ARITMIE IPERCINETICHE).
Possono originare dagli atri (ARITMIE ATRIALI) o dai ventricoli
(ARITMIE VENTRICOLARI).
Le aritmie più frequenti sono la FIBRILLAZIONE ATRIALE, la TA-
39CHICARDIA PAROSSISTICA SOPRAVENTRICOLARE e le EX-
TRASISTOLI ATRIALI e VENTRICOLARI.
Che cosa s’intende per tachicardia?
È un termine generico per indicare un aumento della frequenza car-
diaca. Non necessariamente si tratta di un’aritmia, talora può essere
un fatto del tutto normale. In questo caso si parla di TACHICARDIA
SINUSALE: ad esempio durante uno sforzo fisico, un’emozione, in
corso di febbre, ecc…
Che cosa significa bradicardia?
Ha un significato opposto alla tachicardia, corrisponde cioè ad un ral-
lentamento del battito cardiaco (al di sotto di 60 battiti al minuto).
Anche in questo caso può essere del tutto normale, soprattutto nei
soggetti allenati (negli sportivi di alto livello non è raro trovare valo-
ri inferiori a 40 battiti al minuto). In altri casi può essere la conse-
guenza di un’alterazione nell’impianto elettrico del cuore (ARITMIE
IPOCINETICHE: malattia atriale o malattia del nodo del seno, bloc-
chi atrio-ventricolari).
Che cos’è la fibrillazione atriale?
In caso di fibrillazione atriale il nodo del seno viene sopraffatto da
un’attività elettrica incontrollata che si origina negli atri e che invia
centinaia di impulsi al minuto al nodo atrio-ventricolare. Fortunata-
mente quest’ultimo riesce a bloccare la maggior parte di tali impul-
si, ma questo blocco è spesso insufficiente, per cui i ventricoli si con-
traggono con una frequenza troppo elevata, oltre che irregolare.
Che cos’è un’extrasistole?
È un battito “irregolare” che spesso può comparire in persone con
un cuore completamente sano.
Che cos’è una tachicardia parossistica sopraventricolare?
È un’aritmia che compare improvvisamente ed altrettanto improvvi-
samente cessa. Nella sua forma più tipica compare quasi sempre in
assenza di malattie del cuore ed ha un andamento nel tempo mol-
to irregolare: può comparire ad intervalli molto ravvicinati come ri-
presentarsi solo dopo molti anni.
Sono pericolose le aritmie?
Come avete potuto notare le aritmie sono molto diverse le une dal-
le altre, possono comparire in cuori sani ed essere del tutto benigne,
o in cuori molto malati ed essere rischiose per la vita.
Come si curano le aritmie?
Molto spesso non richiedono alcun trattamento, mentre in altri ca-
si può essere utile un trattamento con farmaci. In altri casi ancora
possono essere utilizzate procedure invasive (ablazioni) o
particolari dispositivi, ad esempio un pacemaker per le
aritmie ipocinetiche o un defibrillatore impiantabile (o ICD)
per le aritmie ventricolari più gravi.
Che cos’è il pacemaker artificiale?
È uno stimolatore cardiaco composto da una batteria (generatore)
e un circuito elettronico in grado di inviare un impulso al
cuore che modifica la frequenza cardiaca in base alle esigenze del
corpo.
Che cos’è il defibrillatore impiantabile?
È uno stimolatore cardiaco alimentato da una batteria, che control-
la i segnali elettrici del cuore ed eroga una scarica elettrica quando
rileva un ritmo anomalo di un certo tipo.
Che cos’è lo Scompenso Cardiaco?
Molte delle malattie, che abbiamo in precedenza elencato, possono
danneggiare il muscolo cardiaco e portare ad un quadro di scom-
penso: il cuore non è più in grado di “pompare” la quantità di san-
gue di cui l’organismo ha bisogno.
Cosa succede in questi casi? Che disturbi compaiono?
Il ridotto trasporto di sangue può causare una notevole stanchezza,
soprattutto per riduzione del flusso a livello muscolare. A livello re-
nale si riduce la produzione di urina (oliguria) che causerà un accu-
mulo di liquidi con aumento del peso corporeo.
Se il cuore non è in grado di pompare correttamente il sangue che
gli arriva dalle varie parti del corpo, questo si accumulerà nei tessu-
ti: principalmente nelle gambe, che diventeranno gonfie; nel fegato e
nell’intestino, con la comparsa di disturbi digestivi. L’accumulo di san-
gue nei polmoni ostacolerà i normali scambi gassosi (ossigeno ed
anidride carbonica), quindi il sintomo predominante sarà la DISPNEA,
cioè la mancanza di respiro.
Se avete presentato o presenterete qualcuno di questi sintomi non
dovrete necessariamente spaventarvi: il gonfiore delle gambe può es-
sere la conseguenza di un disturbo circolatorio locale (ad esempio i
portatori di vene varicose) o dell’assunzione di alcuni farmaci (calcio-
antagonisti). La dispnea può essere conseguenza di molte malattie dei
polmoni o essere semplicemente un fattore emotivo (stato ansioso).
Recatevi quindi dal vostro medico curante o dal cardiologo che ricercherà
l’origine dei disturbi.
danneggiare il muscolo cardiaco e portare ad un quadro di scom-
penso: il cuore non è più in grado di “pompare” la quantità di san-
gue di cui l’organismo ha bisogno.
Cosa succede in questi casi? Che disturbi compaiono?
Il ridotto trasporto di sangue può causare una notevole stanchezza,
soprattutto per riduzione del flusso a livello muscolare. A livello re-
nale si riduce la produzione di urina (oliguria) che causerà un accu-
mulo di liquidi con aumento del peso corporeo.
Se il cuore non è in grado di pompare correttamente il sangue che
gli arriva dalle varie parti del corpo, questo si accumulerà nei tessu-
ti: principalmente nelle gambe, che diventeranno gonfie; nel fegato e
nell’intestino, con la comparsa di disturbi digestivi. L’accumulo di san-
gue nei polmoni ostacolerà i normali scambi gassosi (ossigeno ed
anidride carbonica), quindi il sintomo predominante sarà la DISPNEA,
cioè la mancanza di respiro.
Se avete presentato o presenterete qualcuno di questi sintomi non
dovrete necessariamente spaventarvi: il gonfiore delle gambe può es-
sere la conseguenza di un disturbo circolatorio locale (ad esempio i
portatori di vene varicose) o dell’assunzione di alcuni farmaci (calcio-
antagonisti). La dispnea può essere conseguenza di molte malattie dei
polmoni o essere semplicemente un fattore emotivo (stato ansioso).
Recatevi quindi dal vostro medico curante o dal cardiologo che ricercherà
l’origine dei disturbi.
Che cosa succede in caso di Infarto Miocardico?
Come abbiamo visto in precedenza l’infarto è causato dall’improvvi-
sa chiusura di una coronaria da parte di un trombo, che interrompe
completamente il flusso di sangue. A seconda della sede in cui avviene
tale occlusione il danno sarà di entità diversa.
I sintomi saranno gli stessi dell’angina pectoris, ma con dolore gene-
ralmente più prolungato (alcune ore più spesso) ed intenso.
sa chiusura di una coronaria da parte di un trombo, che interrompe
completamente il flusso di sangue. A seconda della sede in cui avviene
tale occlusione il danno sarà di entità diversa.
I sintomi saranno gli stessi dell’angina pectoris, ma con dolore gene-
ralmente più prolungato (alcune ore più spesso) ed intenso.
Che cosa succede in caso di Infarto Miocardico?
Come abbiamo visto in precedenza l’infarto è causato dall’improvvi-
sa chiusura di una coronaria da parte di un trombo, che interrompe
completamente il flusso di sangue. A seconda della sede in cui avviene
tale occlusione il danno sarà di entità diversa.
I sintomi saranno gli stessi dell’angina pectoris, ma con dolore gene-
ralmente più prolungato (alcune ore più spesso) ed intenso.
sa chiusura di una coronaria da parte di un trombo, che interrompe
completamente il flusso di sangue. A seconda della sede in cui avviene
tale occlusione il danno sarà di entità diversa.
I sintomi saranno gli stessi dell’angina pectoris, ma con dolore gene-
ralmente più prolungato (alcune ore più spesso) ed intenso.
Quanti tipi di Angina Pectoris ci sono?
- L’angina può manifestarsi durante uno sforzo (ANGINA DA SFOR-
ZO) perchè il muscolo cardiaco sottoposto ad un superlavoro ne-
cessita di un maggior apporto di ossigeno, ma, ma l’ostruzione co-
ronarica impedisce al sangue di passare oltre una certa quantità. So-
litamente il dolore compare sempre per la stessa intensità e tipo di
sforzo, per cui il paziente che ne è affetto impara a limitare le pro-
prie attività prevenendo il dolore.
Alcune circostanze tuttavia possono far variare la soglia di compar-
sa del sintomo; ad esempio uno sforzo eseguito dopo il pasto, quan-
do il cuore è già al lavoro per aumentare il flusso di sangue all’inte-
stino. Oppure in presenza di basse temperature esterne che provo-
cano, a parità di sforzo, un maggior incremento della pressione ar-
teriosa e della frequenza cardiaca. Infine anche una forte emozione
od il rapporto sessuale possono, per gli stessi motivi, scatenare una
crisi anginosa.
- La sintomatologia anginosa può comparire a riposo o nel sonno
36
(ANGINA SPONTANEA). In questo caso il flusso di sangue nelle
coronarie può essere ostacolato da una contrazione temporanea,
detta “spasmo delle arterie coronariche”, che riduce ulteriormente
il diametro interno della coronaria. In altri casi la causa può essere la
rottura della placca aterosclerotica, che attivando il processo della
coagulazione, porta alla formazione di un trombo che ostacola il pas-
saggio di sangue, pur non arrivando alla occlusione completa, come
avviene nell’infarto.
- La sintomatologia può presentarsi nello stesso soggetto sia duran-
te lo sforzo che a riposo (ANGINA MISTA).
Come si può vedere i disturbi non sono sempre uguali, né sempre
caratteristici. In questi casi bisogna parlarne subito al proprio medi-
co curante od al proprio cardiologo, che vi potranno tranquillizzare
individuando un’origine diversa dei sintomi oppure consigliarvi alcu-
ni esami per identificarne la causa.
Bisogna sapere inoltre che per una diagnosi esatta è molto impor-
tante eseguire un elettrocardiogramma (ECG) durante la sintoma-
tologia, in quanto la sua esecuzione anche solo pochi minuti dopo la
sua scomparsa può mostrare un tracciato completamente normale.
ZO) perchè il muscolo cardiaco sottoposto ad un superlavoro ne-
cessita di un maggior apporto di ossigeno, ma, ma l’ostruzione co-
ronarica impedisce al sangue di passare oltre una certa quantità. So-
litamente il dolore compare sempre per la stessa intensità e tipo di
sforzo, per cui il paziente che ne è affetto impara a limitare le pro-
prie attività prevenendo il dolore.
Alcune circostanze tuttavia possono far variare la soglia di compar-
sa del sintomo; ad esempio uno sforzo eseguito dopo il pasto, quan-
do il cuore è già al lavoro per aumentare il flusso di sangue all’inte-
stino. Oppure in presenza di basse temperature esterne che provo-
cano, a parità di sforzo, un maggior incremento della pressione ar-
teriosa e della frequenza cardiaca. Infine anche una forte emozione
od il rapporto sessuale possono, per gli stessi motivi, scatenare una
crisi anginosa.
- La sintomatologia anginosa può comparire a riposo o nel sonno
36
(ANGINA SPONTANEA). In questo caso il flusso di sangue nelle
coronarie può essere ostacolato da una contrazione temporanea,
detta “spasmo delle arterie coronariche”, che riduce ulteriormente
il diametro interno della coronaria. In altri casi la causa può essere la
rottura della placca aterosclerotica, che attivando il processo della
coagulazione, porta alla formazione di un trombo che ostacola il pas-
saggio di sangue, pur non arrivando alla occlusione completa, come
avviene nell’infarto.
- La sintomatologia può presentarsi nello stesso soggetto sia duran-
te lo sforzo che a riposo (ANGINA MISTA).
Come si può vedere i disturbi non sono sempre uguali, né sempre
caratteristici. In questi casi bisogna parlarne subito al proprio medi-
co curante od al proprio cardiologo, che vi potranno tranquillizzare
individuando un’origine diversa dei sintomi oppure consigliarvi alcu-
ni esami per identificarne la causa.
Bisogna sapere inoltre che per una diagnosi esatta è molto impor-
tante eseguire un elettrocardiogramma (ECG) durante la sintoma-
tologia, in quanto la sua esecuzione anche solo pochi minuti dopo la
sua scomparsa può mostrare un tracciato completamente normale.
Quali disturbi può provocare la Cardiopatia Ischemica?
Quali disturbi può provocare la Cardiopatia Ischemica?
L’aterosclerosi delle coronarie inizia spesso già nei primi anni di vita.
Per fortuna la sua evoluzione è molto lenta, ma può essere accele-
rata dai fattori di rischio precedentemente analizzati.
Quando l’entità‘ dell’ostruzione coronarica ha raggiunto una deter-
minata gravità compaiono i primi segni di ischemia, cioè di ridotto ap-
porto di sangue ad una parte del nostro muscolo cardiaco. Come ab-
biamo già visto, in molti soggetti, non compaiono disturbi significati-
vi: il cuore soffre in silenzio!
Manca cioè quel “campanello d’allarme” che è il dolore (ISCHEMIA SI-
LENTE). È questo, infatti, uno dei motivi per cui quando si vuole inizia-
re un’attività‘ sportiva intensa (soprattutto per i soggetti sedentari e di
una certa età), è consigliabile sottoporsi ad una visita cardiologica. Il car-
diologo potrà poi richiedere altri esami. Molto spesso però il cuore fa
“sentire” la sua sofferenza: compare cioè l’ANGINA PECTORIS!
Quali sono i sintomi?
Angina pectoris significa dolore al petto, ma, ma il dolore può pre-
sentarsi sotto diverse forme:
- più spesso inizia al centro del petto, sotto forma di oppressione, di
bruciore o di costrizione; aumenta progressivamente sino a raggiun-
gere la sua massima intensità e quindi si riduce per scomparire nel gi-
ro di alcuni minuti;
- può propagarsi al collo, alla mandibola, alle spalle, alle braccia, al-
l’epigastrio (cioè a quella zona posta subito al di sotto dello sterno,
dove si trova lo stomaco) o al dorso. Talvolta il dolore può localizzarsi
unicamente in queste sedi;
- può provocare sudorazione fredda, debolezza marcata, mancanza
di respiro e palpitazioni;
- talora può essere confuso con un’indigestione per la comparsa di
nausea e vomito.
L’aterosclerosi delle coronarie inizia spesso già nei primi anni di vita.
Per fortuna la sua evoluzione è molto lenta, ma può essere accele-
rata dai fattori di rischio precedentemente analizzati.
Quando l’entità‘ dell’ostruzione coronarica ha raggiunto una deter-
minata gravità compaiono i primi segni di ischemia, cioè di ridotto ap-
porto di sangue ad una parte del nostro muscolo cardiaco. Come ab-
biamo già visto, in molti soggetti, non compaiono disturbi significati-
vi: il cuore soffre in silenzio!
Manca cioè quel “campanello d’allarme” che è il dolore (ISCHEMIA SI-
LENTE). È questo, infatti, uno dei motivi per cui quando si vuole inizia-
re un’attività‘ sportiva intensa (soprattutto per i soggetti sedentari e di
una certa età), è consigliabile sottoporsi ad una visita cardiologica. Il car-
diologo potrà poi richiedere altri esami. Molto spesso però il cuore fa
“sentire” la sua sofferenza: compare cioè l’ANGINA PECTORIS!
Quali sono i sintomi?
Angina pectoris significa dolore al petto, ma, ma il dolore può pre-
sentarsi sotto diverse forme:
- più spesso inizia al centro del petto, sotto forma di oppressione, di
bruciore o di costrizione; aumenta progressivamente sino a raggiun-
gere la sua massima intensità e quindi si riduce per scomparire nel gi-
ro di alcuni minuti;
- può propagarsi al collo, alla mandibola, alle spalle, alle braccia, al-
l’epigastrio (cioè a quella zona posta subito al di sotto dello sterno,
dove si trova lo stomaco) o al dorso. Talvolta il dolore può localizzarsi
unicamente in queste sedi;
- può provocare sudorazione fredda, debolezza marcata, mancanza
di respiro e palpitazioni;
- talora può essere confuso con un’indigestione per la comparsa di
nausea e vomito.
sabato 1 gennaio 2011
Calcolare il Rischio Coronarico
Vuoi valutare il tuo rischio?
Da tempo sono state elaborate alcune CARTE DEL RISCHIO CO-
RONARICO, che tengono conto di più fattori di rischio eventual-
mente presenti per stimare la probabilità di avere un “attacco car-
diaco” nei prossimi 10 anni. In Italia vengono utilizzate le carte del ri-
schio del Progetto Cuore, coordinato dall’Istituto Superiore di Sani-
tà. In appendice potrai trovare le carte del rischio corrispondenti a
4 categorie: uomo diabetico, uomo non diabetico, donna diabetica,
donna non diabetica. Per ognuna di queste quattro categorie le car-
te sono suddivise per fumatori e non fumatori.
Il rischio cardiovascolare è suddiviso in categorie di rischio MCV (da
I a VI): ogni categoria indica quante persone su 100 con quelle stes-
se caratteristiche sono attese ammalarsi nei 10 anni successivi.
Le categorie di rischio sono espresse in 6 livelli: livello I rischio infe-
riore al 5%, livello II rischio tra il 5 e 10%, livello III rischio tra il 10 e
15%, livello IV rischio tra il 15 e 20%, livello V rischio tra il 20 e 30%,
livello VI rischio oltre il 30%.
Queste carte possono essere utilizzate solo dai soggetti che non sono già af-
fetti da una malattia cardiovascolare nota.
I soggetti già affetti da malattia coronarica, con pregresso ictus o atero-
sclerosi periferica e quelli con un singolo fattore di rischio molto alto
(colesterolo totale >320 oppure LDL-colesterolo >240 o una pres-
sione arteriosa >180/110) o diabetici sono considerati già ad alto ri-
schio e richiedono pertanto un intervento intensivo sullo stile di vi-
ta e, spesso, un trattamento farmacologico.
Da tempo sono state elaborate alcune CARTE DEL RISCHIO CO-
RONARICO, che tengono conto di più fattori di rischio eventual-
mente presenti per stimare la probabilità di avere un “attacco car-
diaco” nei prossimi 10 anni. In Italia vengono utilizzate le carte del ri-
schio del Progetto Cuore, coordinato dall’Istituto Superiore di Sani-
tà. In appendice potrai trovare le carte del rischio corrispondenti a
4 categorie: uomo diabetico, uomo non diabetico, donna diabetica,
donna non diabetica. Per ognuna di queste quattro categorie le car-
te sono suddivise per fumatori e non fumatori.
Il rischio cardiovascolare è suddiviso in categorie di rischio MCV (da
I a VI): ogni categoria indica quante persone su 100 con quelle stes-
se caratteristiche sono attese ammalarsi nei 10 anni successivi.
Le categorie di rischio sono espresse in 6 livelli: livello I rischio infe-
riore al 5%, livello II rischio tra il 5 e 10%, livello III rischio tra il 10 e
15%, livello IV rischio tra il 15 e 20%, livello V rischio tra il 20 e 30%,
livello VI rischio oltre il 30%.
Queste carte possono essere utilizzate solo dai soggetti che non sono già af-
fetti da una malattia cardiovascolare nota.
I soggetti già affetti da malattia coronarica, con pregresso ictus o atero-
sclerosi periferica e quelli con un singolo fattore di rischio molto alto
(colesterolo totale >320 oppure LDL-colesterolo >240 o una pres-
sione arteriosa >180/110) o diabetici sono considerati già ad alto ri-
schio e richiedono pertanto un intervento intensivo sullo stile di vi-
ta e, spesso, un trattamento farmacologico.
Sedentarietà e Stress
Sedetarietà. Una recente indagine italiana, coordinata dal-
l’Istituto Superiore di Sanità e dall’Associazione dei Cardiologi Ospe-
dalieri (ANMCO), ha evidenziato che nel tempo libero oltre 1/3 de-
gli uomini e quasi la metà delle donne sono sedentari. Chi non pra-
tica un’attività‘ fisica moderata e regolare favorisce l’obesità‘, l’au-
mento del colesterolo totale, dei trigliceridi, della glicemia e della
pressione arteriosa. Inoltre la sedentarietà aumenta il rischio di de-
pressione ed osteoporosi. Infine nei soggetti fisicamente attivi l’HDL-
colesterolo, cioè il colesterolo buono, aumenta.
Un’analisi su soggetti di sesso femminile di 65 anni, ha fatto rilevare
una riduzione dell’aspettativa di vita di 5,7 anni nel gruppo di soggetti
sedentari rispetto al gruppo di quelli più attivi.
Stress. Da tempo è stato rilevato che i soggetti più a rischio di
eventi coronarici, sono quelli che vivono in uno stato di continua ten-
sione emotiva, ansietà, arrivismo; soprattutto se associato a frustra-
zioni, a mancato raggiungimento degli obiettivi che si sono imposti
nella carriera e nel proprio stato sociale.
33Una particolare attenzione deve essere posta anche alla depressio-
ne: recenti studi hanno dimostrato essere, infatti, un fattore di ri-
schio indipendente di nuovi eventi cardiaci e mortalità, soprattut-
to nei soggetti già affetti da una malattia delle coronarie.
La probabilità di ammalarsi nel corso degli anni, aumenta notevol-
mente se un soggetto ha più fattori di rischio.
l’Istituto Superiore di Sanità e dall’Associazione dei Cardiologi Ospe-
dalieri (ANMCO), ha evidenziato che nel tempo libero oltre 1/3 de-
gli uomini e quasi la metà delle donne sono sedentari. Chi non pra-
tica un’attività‘ fisica moderata e regolare favorisce l’obesità‘, l’au-
mento del colesterolo totale, dei trigliceridi, della glicemia e della
pressione arteriosa. Inoltre la sedentarietà aumenta il rischio di de-
pressione ed osteoporosi. Infine nei soggetti fisicamente attivi l’HDL-
colesterolo, cioè il colesterolo buono, aumenta.
Un’analisi su soggetti di sesso femminile di 65 anni, ha fatto rilevare
una riduzione dell’aspettativa di vita di 5,7 anni nel gruppo di soggetti
sedentari rispetto al gruppo di quelli più attivi.
Stress. Da tempo è stato rilevato che i soggetti più a rischio di
eventi coronarici, sono quelli che vivono in uno stato di continua ten-
sione emotiva, ansietà, arrivismo; soprattutto se associato a frustra-
zioni, a mancato raggiungimento degli obiettivi che si sono imposti
nella carriera e nel proprio stato sociale.
33Una particolare attenzione deve essere posta anche alla depressio-
ne: recenti studi hanno dimostrato essere, infatti, un fattore di ri-
schio indipendente di nuovi eventi cardiaci e mortalità, soprattut-
to nei soggetti già affetti da una malattia delle coronarie.
La probabilità di ammalarsi nel corso degli anni, aumenta notevol-
mente se un soggetto ha più fattori di rischio.
L'Obesità
L’obesità‘ favorisce la comparsa degli altri fattori di ri-
schio. Inoltre, quando il grasso si accumula a livello addominale, so-
no più frequenti le malattie cardiovascolari, il diabete e l’ipertensio-
ne arteriosa. Infatti, il tessuto adiposo addominale non è solo un de-
posito di energia, ma un vero organo che produce varie sostanze or-
monali e chimiche (adiponectina, IL-6, TNFα, resistina, PAI-1, proteina
C-reattiva, ecc...).
Un sistema molto semplice per individuare l’entità del rischio dipen-
dente dall’obesità è quello di misurare la circonferenza addominale:
se questa è superiore a 94 cm nell’uomo e a 80 cm nella donna il ri-
31schio per la salute è “moderato”. Quando tale misura è superiore a
101 cm nell’uomo e 87 cm nella donna si parla di rischio “alto”.
Istruzioni per misurazione della circonferenza addominale. Il nastro di
misurazione è posto in corrispondenza di un piano orizzontale tutto in-
torno all’addome a livello del punto segnalato nella figura. La misurazio-
ne deve essere effettuata senza comprimere l’addome.
Infine bisogna tener presente che l’obesità presente al momento del-
la pubertà, aumenta il rischio per malattie cardiovascolari anche qua-
lora in età adulta si modifichi lo stile di vita e si raggiunga un peso nor-
male.
schio. Inoltre, quando il grasso si accumula a livello addominale, so-
no più frequenti le malattie cardiovascolari, il diabete e l’ipertensio-
ne arteriosa. Infatti, il tessuto adiposo addominale non è solo un de-
posito di energia, ma un vero organo che produce varie sostanze or-
monali e chimiche (adiponectina, IL-6, TNFα, resistina, PAI-1, proteina
C-reattiva, ecc...).
Un sistema molto semplice per individuare l’entità del rischio dipen-
dente dall’obesità è quello di misurare la circonferenza addominale:
se questa è superiore a 94 cm nell’uomo e a 80 cm nella donna il ri-
31schio per la salute è “moderato”. Quando tale misura è superiore a
101 cm nell’uomo e 87 cm nella donna si parla di rischio “alto”.
Istruzioni per misurazione della circonferenza addominale. Il nastro di
misurazione è posto in corrispondenza di un piano orizzontale tutto in-
torno all’addome a livello del punto segnalato nella figura. La misurazio-
ne deve essere effettuata senza comprimere l’addome.
Infine bisogna tener presente che l’obesità presente al momento del-
la pubertà, aumenta il rischio per malattie cardiovascolari anche qua-
lora in età adulta si modifichi lo stile di vita e si raggiunga un peso nor-
male.
Diabete Mellito
Il soggetto diabetico presenta un aumento
della quantità di zucchero nel sangue (GLICEMIA). Questo aumen-
to può dipendere da una ridotta produzione di un ormone chiama-
to INSULINA o da una insufficiente risposta dell’organismo all’insu-
lina stessa. Oltre alla glicemia, il vostro medico potrebbe prescriver-
vi il controllo dell’emoglobina glicata, che fornisce una valutazione
dell’andamento della glicemia nei 2-3 mesi precedenti.
Se non sono curati bene, con la dieta, con l’esercizio fisico e con i far-
maci quando necessario, gli elevati valori di zucchero nel sangue au-
mentano notevolmente i danni a livello delle arterie (50% di proba-
bilità in più di sviluppare una cardiopatia ischemica).
Esistono delle situazioni in cui la glicemia a digiuno è normale, ma
aumenta considerevolmente dopo un carico di zucchero assunto
con il cibo. Questa situazione viene definita come “intolleranza gluci-
dica“, una sorta di pre-diabete, e può essere scoperta misurando la
glicemia dopo aver somministrato al paziente una quantità nota di
zucchero (curva da carico con glucosio).
della quantità di zucchero nel sangue (GLICEMIA). Questo aumen-
to può dipendere da una ridotta produzione di un ormone chiama-
to INSULINA o da una insufficiente risposta dell’organismo all’insu-
lina stessa. Oltre alla glicemia, il vostro medico potrebbe prescriver-
vi il controllo dell’emoglobina glicata, che fornisce una valutazione
dell’andamento della glicemia nei 2-3 mesi precedenti.
Se non sono curati bene, con la dieta, con l’esercizio fisico e con i far-
maci quando necessario, gli elevati valori di zucchero nel sangue au-
mentano notevolmente i danni a livello delle arterie (50% di proba-
bilità in più di sviluppare una cardiopatia ischemica).
Esistono delle situazioni in cui la glicemia a digiuno è normale, ma
aumenta considerevolmente dopo un carico di zucchero assunto
con il cibo. Questa situazione viene definita come “intolleranza gluci-
dica“, una sorta di pre-diabete, e può essere scoperta misurando la
glicemia dopo aver somministrato al paziente una quantità nota di
zucchero (curva da carico con glucosio).
Il Fumo di Sigaretta
Sono oramai ampiamente noti gli effetti
nocivi del fumo: bronchite cronica, tumore del polmone ed atero-
sclerosi solo per citare i più importanti. Infatti, il fumo è un fattore di
rischio accertato o sospetto di oltre 25 diverse malattie e provoca
più morti di quelli legati all’alcool, all’AIDS, alle droghe illegali, agli in-
cidenti stradali, ai suicidi e agli omicidi considerati assieme.
Il fumo di sigaretta è una miscela di oltre 4000 sostanze gassose e
corpuscolari che originano dalla combustione delle foglie di tabacco.
In particolare citiamo la nicotina (provoca lo spasmo delle arterie, au-
menta la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa), l’ossido di car-
bonio (si lega ai globuli rossi contrastando il trasporto dell’ossigeno)
il benzopirene ed altre sostanze cancerogene.
La quota di fumatori in Italia è andata diminuendo negli ultimi 25
29anni di oltre 12 punti percentuali. Ciò soprattutto a causa del de-
cremento di fumatori tra gli uomini, mentre la percentuale di fu-
matrici è rimasta complessivamente stabile. Secondo i dati ISTAT ri-
feriti all’anno 2005 i fumatori in Italia rappresentano il 21,7% della
popolazione (27,5% dei maschi e il 16,3% delle femmine) di 14 an-
ni e più. È stato rilevato inoltre che gli adolescenti e i giovani ini-
ziano a fumare più precocemente rispetto al passato.
La nocività aumenta proporzionalmente al numero di sigarette fu-
mate: chi fuma 1 pacchetto di sigarette al giorno ha un rischio 3-3,5
volte superiore di andare incontro ad un infarto miocardico rispet-
to ai non fumatori. Inoltre chi continua a fumare dopo un infarto ha
una mortalità 3 volte superiore.
In uno studio su 34.000 medici britannici la durata della vita nei fu-
matori è stata più breve di 6,5 anni. Alle donne il fumo fa più male
che agli uomini. In uno studio recentissimo, svolto all’Ospedale di
Lillehammer in Norvegia, è stato evidenziato che le donne che fu-
mano rischiano di avere un attacco di cuore 13,7 anni prima di
30quelle che non fumano, mentre per gli uomini la differenza è stata
di 6,2 anni. Anche il fumo passivo, cioè quello inalato in ambienti sa-
turi di fumo, per la presenza di altri fumatori, è dannoso alla nostra
salute.
nocivi del fumo: bronchite cronica, tumore del polmone ed atero-
sclerosi solo per citare i più importanti. Infatti, il fumo è un fattore di
rischio accertato o sospetto di oltre 25 diverse malattie e provoca
più morti di quelli legati all’alcool, all’AIDS, alle droghe illegali, agli in-
cidenti stradali, ai suicidi e agli omicidi considerati assieme.
Il fumo di sigaretta è una miscela di oltre 4000 sostanze gassose e
corpuscolari che originano dalla combustione delle foglie di tabacco.
In particolare citiamo la nicotina (provoca lo spasmo delle arterie, au-
menta la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa), l’ossido di car-
bonio (si lega ai globuli rossi contrastando il trasporto dell’ossigeno)
il benzopirene ed altre sostanze cancerogene.
La quota di fumatori in Italia è andata diminuendo negli ultimi 25
29anni di oltre 12 punti percentuali. Ciò soprattutto a causa del de-
cremento di fumatori tra gli uomini, mentre la percentuale di fu-
matrici è rimasta complessivamente stabile. Secondo i dati ISTAT ri-
feriti all’anno 2005 i fumatori in Italia rappresentano il 21,7% della
popolazione (27,5% dei maschi e il 16,3% delle femmine) di 14 an-
ni e più. È stato rilevato inoltre che gli adolescenti e i giovani ini-
ziano a fumare più precocemente rispetto al passato.
La nocività aumenta proporzionalmente al numero di sigarette fu-
mate: chi fuma 1 pacchetto di sigarette al giorno ha un rischio 3-3,5
volte superiore di andare incontro ad un infarto miocardico rispet-
to ai non fumatori. Inoltre chi continua a fumare dopo un infarto ha
una mortalità 3 volte superiore.
In uno studio su 34.000 medici britannici la durata della vita nei fu-
matori è stata più breve di 6,5 anni. Alle donne il fumo fa più male
che agli uomini. In uno studio recentissimo, svolto all’Ospedale di
Lillehammer in Norvegia, è stato evidenziato che le donne che fu-
mano rischiano di avere un attacco di cuore 13,7 anni prima di
30quelle che non fumano, mentre per gli uomini la differenza è stata
di 6,2 anni. Anche il fumo passivo, cioè quello inalato in ambienti sa-
turi di fumo, per la presenza di altri fumatori, è dannoso alla nostra
salute.
L'Ipercolesterolemia
Può essere legata ad un’alterazione del metabolismo di natura genetica o ad errori nella dieta. Si distingue un
colesterolo “buono” (HDL-colesterolo) che è lo “spazzino” delle arterie, cioè quello che protegge le arterie dall’arteriosclerosi, ed un colesterolo “cattivo” (LDL-colesterolo) che invece la favorisce.
Recenti studi hanno inequivocabilmente dimostrato che l’abbassamento del colesterolo, con alcuni farmaci, riduce la mortalità da cardiopatia ischemica e le sue complicanze, sia nei soggetti già affetti da tale malattia (prevenzione secondaria) che in quelli ancora apparentemente sani (prevenzione primaria).
È chiaro tuttavia che una modifica dello stile di vita (alimentazione corretta ed attività fisica regolare) può evitare, in molti casi, l’assunzione di farmaci.
In prevenzione primaria, cioè nei soggetti che non sono affetti da un’aterosclerosi nota, i livelli “desiderabili” di colesterolo totale, secondo le più recenti linee guida, devono essere inferiori ai 190 mg/dl, quelli di HDL-colesterolo superiori a 40 mg/dl per gli uomini e 50 mg/dl per le donne e quelli di LDL-colesterolo al di sotto di 115 mg/dl.
colesterolo “buono” (HDL-colesterolo) che è lo “spazzino” delle arterie, cioè quello che protegge le arterie dall’arteriosclerosi, ed un colesterolo “cattivo” (LDL-colesterolo) che invece la favorisce.
Recenti studi hanno inequivocabilmente dimostrato che l’abbassamento del colesterolo, con alcuni farmaci, riduce la mortalità da cardiopatia ischemica e le sue complicanze, sia nei soggetti già affetti da tale malattia (prevenzione secondaria) che in quelli ancora apparentemente sani (prevenzione primaria).
È chiaro tuttavia che una modifica dello stile di vita (alimentazione corretta ed attività fisica regolare) può evitare, in molti casi, l’assunzione di farmaci.
In prevenzione primaria, cioè nei soggetti che non sono affetti da un’aterosclerosi nota, i livelli “desiderabili” di colesterolo totale, secondo le più recenti linee guida, devono essere inferiori ai 190 mg/dl, quelli di HDL-colesterolo superiori a 40 mg/dl per gli uomini e 50 mg/dl per le donne e quelli di LDL-colesterolo al di sotto di 115 mg/dl.
Misurazione della Pressione Arteriosa
TECNICA DI MISURAZIONE DELLA PRESSIONE ARTERIOSA
Il soggetto deve essere rilassato, in posizione comoda.
Lo strumento utilizzato si chiama sfigmomanometro: è costituito da un bracciale che viene avvolto attorno al braccio del soggetto e mantenuto all’altezza del cuore. Possono essere utilizzate entrambe le braccia, ma bisogna ricordare che qualora esistano differenze sensibili nei valori misurati nelle due braccia, si dovrà utilizzare per la misura il braccio con la pressione più elevata.
La misurazione può essere manuale od automatica. Nel primo caso bisogna utilizza-
re uno stetoscopio, cioè uno strumento che permette di udire i rumori che sono generati dal passaggio
del sangue nell’arteria del braccio. Lo stetoscopio è appoggiato a livello dell’arteria brachiale, sopra la piega del gomito. Contemporaneamente si palpa il polso radiale, cioè la pulsazione dell’arteria che passa a livello del polso, dallo stesso lato in cui si trova il pollice.
A questo punto il bracciale viene gonfiato sino alla scomparsa sia dei rumori provenienti dallo stetoscopio che del polso radiale: in questo momento la pressione del bracciale è superiore alla pressione arteriosa.
Successivamente si riduce lentamente la pressione del bracciale, facendo uscire l’aria in esso contenuta. Quando la pressione sarà uguale a quella arteriosa, un pò di sangue riuscirà a passare nell’arteria producendo un rumore: il primo rumore udito chiaramente corrisponderà alla PRESSIONE SISTOLICA (detta anche “MASSIMA”). Riducendo ulteriormente la pressione i rumori diventeranno inizialmente più intensi, quindi via via più deboli: la completa scomparsa dei rumori corrisponderà alla PRESSIONE DIASTOLICA (detta anche “MINIMA”). La pressione viene quindi indicata con due valori, ad esempio 130/80: il primo valore è la sistolica, il secondo, la diastolica.
La pressione arteriosa viene osservata sul manometro, a colonna di mercurio oppure ad aneroide (simile ad una sveglia), in quest’ultimo caso deve essere tarato ogni sei mesi.
Se ti sembra troppo difficile misurare la pressione manualmente, con lo stetoscopio (ci dev’essere sempre un breve periodo di apprendimento, soprattutto con l’aiuto di qualcuno che lo fa abitualmente), puoi utilizzare un metodo automatico. Acquista comunque solo apparecchi clinicamente validati secondo i protocolli internazionali delle società medico-scientifiche, quali AAMI, BHS o della Società Europea dell’Ipertensione. Gli sfigmomanometri da polso sono spesso meno affidabili di quelli da braccio.
Quando e quanto spesso misurare la pressione arteriosa?
Devono essere effettuate almeno due misurazioni successive e, se la pressione differisce di più di 5 mm Hg nelle due circostanze, si deve procedere con ulteriori misurazioni fino a che i valori misurati risultino stabili.
Nel sospetto di un’ipertensione arteriosa o per valutare se la terapia è efficace oltre alla misurazione dal proprio medico, molto utile è l’automisurazione domiciliare. In questo caso si consiglia di effettuare:
- 2 misurazioni al mattino (preferibilmente tra le 6 e le 9, prima dell’eventuale assunzione di terapia);
- 2 alla sera (preferibilmente tra le 18 e le 21);
- possibilmente tutti i giorni o per non meno di 3 giorni alla settimana,
per almeno 1 settimana (con un numero minimo di 24 misurazioni). Per la verifica periodica è invece sufficiente un controllo settimanale.
Il soggetto deve essere rilassato, in posizione comoda.
Lo strumento utilizzato si chiama sfigmomanometro: è costituito da un bracciale che viene avvolto attorno al braccio del soggetto e mantenuto all’altezza del cuore. Possono essere utilizzate entrambe le braccia, ma bisogna ricordare che qualora esistano differenze sensibili nei valori misurati nelle due braccia, si dovrà utilizzare per la misura il braccio con la pressione più elevata.
La misurazione può essere manuale od automatica. Nel primo caso bisogna utilizza-
re uno stetoscopio, cioè uno strumento che permette di udire i rumori che sono generati dal passaggio
del sangue nell’arteria del braccio. Lo stetoscopio è appoggiato a livello dell’arteria brachiale, sopra la piega del gomito. Contemporaneamente si palpa il polso radiale, cioè la pulsazione dell’arteria che passa a livello del polso, dallo stesso lato in cui si trova il pollice.
A questo punto il bracciale viene gonfiato sino alla scomparsa sia dei rumori provenienti dallo stetoscopio che del polso radiale: in questo momento la pressione del bracciale è superiore alla pressione arteriosa.
Successivamente si riduce lentamente la pressione del bracciale, facendo uscire l’aria in esso contenuta. Quando la pressione sarà uguale a quella arteriosa, un pò di sangue riuscirà a passare nell’arteria producendo un rumore: il primo rumore udito chiaramente corrisponderà alla PRESSIONE SISTOLICA (detta anche “MASSIMA”). Riducendo ulteriormente la pressione i rumori diventeranno inizialmente più intensi, quindi via via più deboli: la completa scomparsa dei rumori corrisponderà alla PRESSIONE DIASTOLICA (detta anche “MINIMA”). La pressione viene quindi indicata con due valori, ad esempio 130/80: il primo valore è la sistolica, il secondo, la diastolica.
La pressione arteriosa viene osservata sul manometro, a colonna di mercurio oppure ad aneroide (simile ad una sveglia), in quest’ultimo caso deve essere tarato ogni sei mesi.
Se ti sembra troppo difficile misurare la pressione manualmente, con lo stetoscopio (ci dev’essere sempre un breve periodo di apprendimento, soprattutto con l’aiuto di qualcuno che lo fa abitualmente), puoi utilizzare un metodo automatico. Acquista comunque solo apparecchi clinicamente validati secondo i protocolli internazionali delle società medico-scientifiche, quali AAMI, BHS o della Società Europea dell’Ipertensione. Gli sfigmomanometri da polso sono spesso meno affidabili di quelli da braccio.
Quando e quanto spesso misurare la pressione arteriosa?
Devono essere effettuate almeno due misurazioni successive e, se la pressione differisce di più di 5 mm Hg nelle due circostanze, si deve procedere con ulteriori misurazioni fino a che i valori misurati risultino stabili.
Nel sospetto di un’ipertensione arteriosa o per valutare se la terapia è efficace oltre alla misurazione dal proprio medico, molto utile è l’automisurazione domiciliare. In questo caso si consiglia di effettuare:
- 2 misurazioni al mattino (preferibilmente tra le 6 e le 9, prima dell’eventuale assunzione di terapia);
- 2 alla sera (preferibilmente tra le 18 e le 21);
- possibilmente tutti i giorni o per non meno di 3 giorni alla settimana,
per almeno 1 settimana (con un numero minimo di 24 misurazioni). Per la verifica periodica è invece sufficiente un controllo settimanale.
L'Ipertensione Arteriosa
È molto frequente e purtroppo poco curata. Il paziente
che ne è affetto abitualmente non accusa nessun disturbo
quindi o non sa di averla o è restio ad iniziare un trattamento
(“perché devo sottopormi a diete o assumere farmaci
se sto bene?”).
Niente di più sbagliato! È oramai ampiamente dimostrato che ridur-
re la pressione arteriosa con opportune modificazioni dello stile di
vita e con farmaci, riduce sensibilmente le complicanze e le morti
causate da questa malattia.
Quali sono i valori pressori normali?
Il rischio cardiovascolare inizia già da valori pressori di 115/75 mmHg
e si raddoppia per ogni aumento di 20/10 mmHg.
Le più recenti Linee Guida Europee pubblicate nel 2007 hanno de-
25finito pertanto come OTTIMALI i valori pressori INFERIORI a
120/80, mentre i valori superiori a 139/89 sono stati definiti come
IPERTENSIONE. Qualora la pressione arteriosa venga automisurata
a domicilio si parla di ipertensione per valori superiori a 135/85.Va-
lori pressori intermedi, compresi tra 120 e 139 di sistolica e 80 e 89
di diastolica sono ancora considerati normali o normali-alti, mentre
per gli americani tali valori vengono considerati come PRE-IPER-
TENSIONE, valori cioè che necessitano di un intervento sullo stile
di vita per una adeguata prevenzione delle complicazioni cardiova-
scolari.
Infine bisogna sapere che nelle persone sopra i 50 anni valori pres-
sori sistolici superiori a 140 mmHg sono un fattore di rischio più im-
portante dei valori pressori diastolici.
che ne è affetto abitualmente non accusa nessun disturbo
quindi o non sa di averla o è restio ad iniziare un trattamento
(“perché devo sottopormi a diete o assumere farmaci
se sto bene?”).
Niente di più sbagliato! È oramai ampiamente dimostrato che ridur-
re la pressione arteriosa con opportune modificazioni dello stile di
vita e con farmaci, riduce sensibilmente le complicanze e le morti
causate da questa malattia.
Quali sono i valori pressori normali?
Il rischio cardiovascolare inizia già da valori pressori di 115/75 mmHg
e si raddoppia per ogni aumento di 20/10 mmHg.
Le più recenti Linee Guida Europee pubblicate nel 2007 hanno de-
25finito pertanto come OTTIMALI i valori pressori INFERIORI a
120/80, mentre i valori superiori a 139/89 sono stati definiti come
IPERTENSIONE. Qualora la pressione arteriosa venga automisurata
a domicilio si parla di ipertensione per valori superiori a 135/85.Va-
lori pressori intermedi, compresi tra 120 e 139 di sistolica e 80 e 89
di diastolica sono ancora considerati normali o normali-alti, mentre
per gli americani tali valori vengono considerati come PRE-IPER-
TENSIONE, valori cioè che necessitano di un intervento sullo stile
di vita per una adeguata prevenzione delle complicazioni cardiova-
scolari.
Infine bisogna sapere che nelle persone sopra i 50 anni valori pres-
sori sistolici superiori a 140 mmHg sono un fattore di rischio più im-
portante dei valori pressori diastolici.
I Fattori di Rischio
Qual è la causa dell’arteriosclerosi?
L’arteriosclerosi è una malattia in gran parte ancora sconosciuta. Tut-
tavia la ricerca scientifica ha permesso di individuare alcuni fattori che
possono facilitare la sua comparsa ed accelerarne l’aggravamento. Es-
si costituiscono i FATTORI DI RISCHIO e possono venire distinti in:
fATTORI DI RISCHIO NON MODIfICABILI
1) SESSO MASCHILE. I maschi vanno incontro più frequentemente
e più precocemente all’aterosclerosi.
2) ETÀ. Con l’avanzare dell’età aumentano le probabilità di amma-
larsi. Le donne si ammalano circa 10 anni dopo gli uomini (protezione
esercitata dagli estrogeni), soprattutto dopo la menopausa.
3) FAMILIARITÀ e FATTORI GENETICI. La probabilità di ammalar-
si aumenta se tra i propri familiari ci sono stati degli eventi cardiova-
scolari.
fATTORI DI RISCHIO MODIfICABILI
Sono più importanti perché su di essi possiamo agire per cercare di
prevenire o ritardare la comparsa della malattia
L’arteriosclerosi è una malattia in gran parte ancora sconosciuta. Tut-
tavia la ricerca scientifica ha permesso di individuare alcuni fattori che
possono facilitare la sua comparsa ed accelerarne l’aggravamento. Es-
si costituiscono i FATTORI DI RISCHIO e possono venire distinti in:
fATTORI DI RISCHIO NON MODIfICABILI
1) SESSO MASCHILE. I maschi vanno incontro più frequentemente
e più precocemente all’aterosclerosi.
2) ETÀ. Con l’avanzare dell’età aumentano le probabilità di amma-
larsi. Le donne si ammalano circa 10 anni dopo gli uomini (protezione
esercitata dagli estrogeni), soprattutto dopo la menopausa.
3) FAMILIARITÀ e FATTORI GENETICI. La probabilità di ammalar-
si aumenta se tra i propri familiari ci sono stati degli eventi cardiova-
scolari.
fATTORI DI RISCHIO MODIfICABILI
Sono più importanti perché su di essi possiamo agire per cercare di
prevenire o ritardare la comparsa della malattia
La Cardiopatia Ischemica
LA CARDIOPATIA ISCHEMICA
Che cos’è la cardiopatia ischemica?
Ischemia significa ridotto apporto di sangue ad un tessuto. Un’ische-
mia può, infatti, interessare altri distretti, oltre al cuore: il cervello, il re-
ne, gli arti inferiori, ecc...
Le coronarie, quando si ammalano, possono ridurre tale apporto di
sangue temporaneamente, provocando dei dolori al petto per alcu-
ni minuti (ANGINA PECTORIS); oppure definitivamente, provocan-
do dolori più prolungati, con conseguente danno irreversibile del
muscolo cardiaco (INFARTO MIOCARDICO). In quest’ultimo caso
le cellule morte verranno sostituite da una cicatrice, che ovviamen-
te non sarà più in grado di contrarsi.
Molto spesso gli episodi ischemici decorrono senza causare disturbi
(ISCHEMIA SILENTE), ma possono venire evidenziati con particola-
ri esami da parte del cardiologo (Test da sforzo, Holter, Ecocardio-
gramma con stress farmacologico, Scintigrafia miocardica).
Qual è la malattia che colpisce le coronarie?
Tale malattia è l’ARTERIOSCLEROSI (o ATEROSCLEROSI, che dal
punto di vista pratico possiamo considerare sinonimi), cioè la perdi-
ta di elasticità della parete e la formazione di incrostazioni al suo in-
terno, che ne riducono il diametro (STENOSI CORONARICHE).
Queste incrostazioni possono predisporre alla formazione di coagu-
li di sangue, detti TROMBI, che occludendo improvvisamente, in par-
te o totalmente, il vaso sanguigno, aggravano la malattia portando al-
l’infarto; cioè alla morte di quelle cellule che non ricevono più l’os-
sigeno necessario al loro funzionamento.
L’arteriosclerosi colpisce solo le coronarie?
No! Possono essere interessate le arterie presenti anche in altri tes-
suti: cervello, rene, arti inferiori, ecc…
Che cos’è la cardiopatia ischemica?
Ischemia significa ridotto apporto di sangue ad un tessuto. Un’ische-
mia può, infatti, interessare altri distretti, oltre al cuore: il cervello, il re-
ne, gli arti inferiori, ecc...
Le coronarie, quando si ammalano, possono ridurre tale apporto di
sangue temporaneamente, provocando dei dolori al petto per alcu-
ni minuti (ANGINA PECTORIS); oppure definitivamente, provocan-
do dolori più prolungati, con conseguente danno irreversibile del
muscolo cardiaco (INFARTO MIOCARDICO). In quest’ultimo caso
le cellule morte verranno sostituite da una cicatrice, che ovviamen-
te non sarà più in grado di contrarsi.
Molto spesso gli episodi ischemici decorrono senza causare disturbi
(ISCHEMIA SILENTE), ma possono venire evidenziati con particola-
ri esami da parte del cardiologo (Test da sforzo, Holter, Ecocardio-
gramma con stress farmacologico, Scintigrafia miocardica).
Qual è la malattia che colpisce le coronarie?
Tale malattia è l’ARTERIOSCLEROSI (o ATEROSCLEROSI, che dal
punto di vista pratico possiamo considerare sinonimi), cioè la perdi-
ta di elasticità della parete e la formazione di incrostazioni al suo in-
terno, che ne riducono il diametro (STENOSI CORONARICHE).
Queste incrostazioni possono predisporre alla formazione di coagu-
li di sangue, detti TROMBI, che occludendo improvvisamente, in par-
te o totalmente, il vaso sanguigno, aggravano la malattia portando al-
l’infarto; cioè alla morte di quelle cellule che non ricevono più l’os-
sigeno necessario al loro funzionamento.
L’arteriosclerosi colpisce solo le coronarie?
No! Possono essere interessate le arterie presenti anche in altri tes-
suti: cervello, rene, arti inferiori, ecc…
Le Malattie del Cuore
Le malattie che colpiscono il cuore (CARDIOPATIE) possono inte-
ressare le varie strutture che abbiamo appena descritto. Semplifi-
cando distingueremo pertanto:
- malattie che interessano primitivamente il muscolo cardiaco, ma di
cui non conosciamo le vere cause (MIOCARDIOPATIE IDIOPATI-
CHE);
- malattie che interessano il muscolo cardiaco secondariamente: ad
esempio per valori di pressione arteriosa elevati (CARDIOPATIA
IPERTENSIVA), per abuso di alcolici (MIOCARDIOPATIA ALCOLI-
CA), dopo un’infezione (MIOCARDITI) o come conseguenza di una
grave malattia dei polmoni (CUORE POLMONARE);
- malattie che colpiscono le valvole (VALVULOPATIE). Possono pro-
vocarne un restringimento (STENOSI), ostacolando il passaggio del
sangue; oppure impedirne una corretta chiusura (INSUFFICIENZA),
provocandone un cambiamento di direzione. Spesso entrambe que-
ste alterazioni sono presenti nella stessa valvola (STENO-INSUFFI-
CIENZA);
- malattie che colpiscono l’impianto elettrico o che alterano il nor-
male battito cardiaco (ARITMIE);
- malattie che interessano il “sacco” che avvolge il cuore (PERICAR-
DITI);
- i rari tumori del cuore (il più frequente è il MIXOMA);
- malattie che interessano le arterie coronariche (CARDIOPATIA
ISCHEMICA).
Quest’ultima è la malattia di cuore più frequente.
ressare le varie strutture che abbiamo appena descritto. Semplifi-
cando distingueremo pertanto:
- malattie che interessano primitivamente il muscolo cardiaco, ma di
cui non conosciamo le vere cause (MIOCARDIOPATIE IDIOPATI-
CHE);
- malattie che interessano il muscolo cardiaco secondariamente: ad
esempio per valori di pressione arteriosa elevati (CARDIOPATIA
IPERTENSIVA), per abuso di alcolici (MIOCARDIOPATIA ALCOLI-
CA), dopo un’infezione (MIOCARDITI) o come conseguenza di una
grave malattia dei polmoni (CUORE POLMONARE);
- malattie che colpiscono le valvole (VALVULOPATIE). Possono pro-
vocarne un restringimento (STENOSI), ostacolando il passaggio del
sangue; oppure impedirne una corretta chiusura (INSUFFICIENZA),
provocandone un cambiamento di direzione. Spesso entrambe que-
ste alterazioni sono presenti nella stessa valvola (STENO-INSUFFI-
CIENZA);
- malattie che colpiscono l’impianto elettrico o che alterano il nor-
male battito cardiaco (ARITMIE);
- malattie che interessano il “sacco” che avvolge il cuore (PERICAR-
DITI);
- i rari tumori del cuore (il più frequente è il MIXOMA);
- malattie che interessano le arterie coronariche (CARDIOPATIA
ISCHEMICA).
Quest’ultima è la malattia di cuore più frequente.
L'Impianto Elettrico
Esiste un’altra importante struttura all’interno del cuore: l’impianto
elettrico. La “batteria” (IL NODO DEL SENO), situata nella parte al-
ta dell’atrio destro, invia ritmicamente gli impulsi agli atri, e quindi, at-
traverso una stazione intermedia (NODO ATRIO-VENTRICOLA-
RE), ad alcuni grossi “fili elettrici” (FASCIO DI HIS che si suddivide in
una BRANCA DESTRA ed una SINISTRA) che trasportano tali im-
18pulsi ai ventricoli. La frequenza con cui tale batteria invia i suoi impulsi,
è influenzata da vari fattori: emozioni, attività fisica, sonno, febbre, ecc...
In talune situazioni pertanto possiamo “percepire” il nostro battito
cardiaco più facilmente.
elettrico. La “batteria” (IL NODO DEL SENO), situata nella parte al-
ta dell’atrio destro, invia ritmicamente gli impulsi agli atri, e quindi, at-
traverso una stazione intermedia (NODO ATRIO-VENTRICOLA-
RE), ad alcuni grossi “fili elettrici” (FASCIO DI HIS che si suddivide in
una BRANCA DESTRA ed una SINISTRA) che trasportano tali im-
18pulsi ai ventricoli. La frequenza con cui tale batteria invia i suoi impulsi,
è influenzata da vari fattori: emozioni, attività fisica, sonno, febbre, ecc...
In talune situazioni pertanto possiamo “percepire” il nostro battito
cardiaco più facilmente.
Questa meravigliosa pompa muscolare si contrae ininterrottamente 60-80 volte al minuto, trasportando circa ottomila litri di sangue al giorno. Un tale lavoro richiede un continuo apporto di ossigeno e sostanze nutritive che provengono dalle arterie CORONARIE (Destrae Sinistra). Esse originano dall’AORTA, cioè da quella grossa arteria che nasce dal ventricolo sinistro e che ha il compito di distribuire il sangue alle altre arterie. Il loro nome deriva dal fatto che circondano il cuore come una corona, suddividendosi in varie ramificazioni, via via più sottili, che penetrano profondamente nel muscolo cardiaco. La Coronaria Sinistra dopo un breve tratto, chiamato Tronco Comune, si divide in due rami, chiamati rispettivamente Discendente Anteriore (o Interventricolare Anteriore) e Circonflessa. La Discendente Anteriore da origine ai Rami Diagonali, mentre la Circonflessa da origine ai Rami Marginali. La coronaria Destra prosegue invece nella Discendente Posteriore o Interventricolare Posteriore.
Le Valvole del Cuore
All’interno del cuore ci sono alcune strutture chiamate VALVOLE
(mitralica, tricuspidale, aortica e polmonare), che con il loro mecca-
nismo di apertura e chiusura impediscono al sangue di cambiare di-
rezione. Le valvole mitralica e tricuspide sono collocate tra l’atrio e
il ventricolo e sono composte rispettivamente da due e tre lembi.
Oltre ai lembi, queste valvole sono composte da un anello (o anu-
lus) valvolare che congiunge i lembi al cuore, e da corde (corde ten-
dinee) che uniscono i lembi valvolari al muscolo cardiaco. Le valvole
aortica e polmonare sono localizzate alla giunzione tra i ventricoli e
le rispettive arterie (aorta e polmonare). Queste valvole hanno tre
cuspidi ed un anello di tessuto su cui si inseriscono le cuspidi. I Seni
di Valsalva sono rigonfiamenti della parete aortica in corrispondenza
delle cuspidi.
(mitralica, tricuspidale, aortica e polmonare), che con il loro mecca-
nismo di apertura e chiusura impediscono al sangue di cambiare di-
rezione. Le valvole mitralica e tricuspide sono collocate tra l’atrio e
il ventricolo e sono composte rispettivamente da due e tre lembi.
Oltre ai lembi, queste valvole sono composte da un anello (o anu-
lus) valvolare che congiunge i lembi al cuore, e da corde (corde ten-
dinee) che uniscono i lembi valvolari al muscolo cardiaco. Le valvole
aortica e polmonare sono localizzate alla giunzione tra i ventricoli e
le rispettive arterie (aorta e polmonare). Queste valvole hanno tre
cuspidi ed un anello di tessuto su cui si inseriscono le cuspidi. I Seni
di Valsalva sono rigonfiamenti della parete aortica in corrispondenza
delle cuspidi.
La Circolazione del sangue
Il nostro corpo è costituito da miliardi di unità, dotate di vita auto-
noma, chiamate cellule. Esse, riunite insieme a costituire vari tessuti
ed organi (respiratorio, digestivo, ecc...), “vivono” grazie al continuo
apporto di ossigeno e sostanze nutritive (zuccheri, grassi, proteine,
ecc...) provenienti dal sangue. Questo apporto, per mantenerci in sa-
lute, deve essere continuo; non può cessare mai!
Il CUORE è un muscolo che ha il compito di inviare il sangue a tut-
to il corpo attraverso le ARTERIE, che funzionano come un sistema
idraulico di tubi.
Successivamente il sangue, carico di anidride carbonica e di altre sco-
rie prodotte dalle cellule, ritorna al cuore attraverso le VENE.
Questa circolazione viene chiamata CIRCOLAZIONE SISTEMICA.
A questo punto il cuore, prima di inviare nuovamente il sangue a tut-
ti i tessuti, deve “ripulirlo” dall’anidride carbonica ed “arricchirlo” di os-
sigeno. Perché ciò si verifichi il sangue dev’essere spinto sino ai pol-
moni, attraverso l’ARTERIA POLMONARE e ritornare al cuore at-
traverso le VENE POLMONARI.
Questa circolazione viene chiamata CIRCOLAZIONE POLMONARE.
Tutto ciò avviene perchè il cuore, come abbiamo potuto notare, è
costituito da quattro cavità:
- 2 ATRI, che ricevono il sangue proveniente dalle vene e lo passano
ai ventricoli;
- 2 VENTRICOLI, che pompano il sangue nelle arterie.
La parte destra (ATRIO E VENTRICOLO DESTRO) del cuore rice-
ve il sangue proveniente da tutti i tessuti e lo invia ai polmoni, men-
tre la parte sinistra (ATRIO E VENTRICOLO SINISTRO), dopo aver-
lo ricevuto dai polmoni, lo pompa a tutto il corpo.
noma, chiamate cellule. Esse, riunite insieme a costituire vari tessuti
ed organi (respiratorio, digestivo, ecc...), “vivono” grazie al continuo
apporto di ossigeno e sostanze nutritive (zuccheri, grassi, proteine,
ecc...) provenienti dal sangue. Questo apporto, per mantenerci in sa-
lute, deve essere continuo; non può cessare mai!
Il CUORE è un muscolo che ha il compito di inviare il sangue a tut-
to il corpo attraverso le ARTERIE, che funzionano come un sistema
idraulico di tubi.
Successivamente il sangue, carico di anidride carbonica e di altre sco-
rie prodotte dalle cellule, ritorna al cuore attraverso le VENE.
Questa circolazione viene chiamata CIRCOLAZIONE SISTEMICA.
A questo punto il cuore, prima di inviare nuovamente il sangue a tut-
ti i tessuti, deve “ripulirlo” dall’anidride carbonica ed “arricchirlo” di os-
sigeno. Perché ciò si verifichi il sangue dev’essere spinto sino ai pol-
moni, attraverso l’ARTERIA POLMONARE e ritornare al cuore at-
traverso le VENE POLMONARI.
Questa circolazione viene chiamata CIRCOLAZIONE POLMONARE.
Tutto ciò avviene perchè il cuore, come abbiamo potuto notare, è
costituito da quattro cavità:
- 2 ATRI, che ricevono il sangue proveniente dalle vene e lo passano
ai ventricoli;
- 2 VENTRICOLI, che pompano il sangue nelle arterie.
La parte destra (ATRIO E VENTRICOLO DESTRO) del cuore rice-
ve il sangue proveniente da tutti i tessuti e lo invia ai polmoni, men-
tre la parte sinistra (ATRIO E VENTRICOLO SINISTRO), dopo aver-
lo ricevuto dai polmoni, lo pompa a tutto il corpo.
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